Articolo correlato: SHAFTESBURY: INTRODUZIONE ALLA MORALE DEL SENTIMENTO.
Articolo correlato: MORALITÁ ED IMMORALITÁ SECONDO SHAFTESBURY.
Articolo correlato: SHAFTESBURY: TRA BENEVOLENZA ED ENTUSIAMO.
Articolo correlato: LA RELIGIONE “VERA” DI SHAFTESBURY.
Articolo correlato: IL RAPPORTO TRA ETICA ED ESTETICA IN SHAFTESBURY.
Articolo correlato: NOZIONI DI METAFISICA NEL PENSIERO SHAFTESBURYANO?
L’egoismo, inteso come vero e proprio tratto distintivo dello stato di natura dell’uomo, è tanto “naturale” per Mandeville come la benevolenza sociale lo è per Shaftesbury. Il “problema” – se di problema sia lecito parlare, ovviamente – è che il rapporto tra le suddette due dinamiche filosofiche resta, per forza di cose, del tutto inversamente proporzionale. L’opera mandevilliana, La Favola delle api, resta, infatti, uno degli scritti più antitetici di sempre al pensiero shaftesburyano. Ed è lo stesso Mandeville che lo dichiara forte e chiaro, all’interno di uno scritto intitolato Ricerca sulla natura della società:
[…] chiunque abbia letto i brani che precedono questo, s’accorgerà senza fatica che non è possibile trovare due sistemi più opposti che quello di questo signore e il mio. […] Le sue teorie, lo confesso, sono generose e sublimi. Esse fanno molto onore e accarezzano l’orgoglio umano. Con l’aiuto di una piccola dose di entusiasmo, esse cono capaci di ispirarci i più nobili sentimenti sulla dignità della nostra illustre specie. Peccato che tutte queste belle idee non siano fondate sulla ragione!
Il divario è abissale. Da una parte, Shaftesbury si affida alla ragione e alla natura per testimoniare e legittimare la bontà umana, giungendo a sostenere come si possa essere liberi soltanto a mezzo di una educazione rivolta al Bello e al Bene. Dall’altra parte, invece, al contrario, Mandeville è convinto di come sia impossibile negare che la natura dell’uomo sia profondamente egoistica e viziata da interessi privati e particolaristici, sottolineando, però, al contempo, come tutto ciò non debba, inevitabilmente, tradursi in una sconfitta morale, dato che è l’Egoismo stesso la chiave del progresso e della convivenza sociale. Il paradosso shaftesburyano – per Mandeville, ovviamente! – risiede proprio in questo: non si può pensare di poter mantenere una Nazione nella ricchezza e nel benessere senza ricorrere e senza appellarsi ad un “male morale” ma affidandosi, invece, solo e soltanto alla benevolenza sociale partorita dal Bello e dal Bene:
[…] sarebbe meglio andare alla caccia di un’oca selvatica, di prendere la quale proprio non si può far conto, piuttosto che cercare il pulchrum et honestum di cui parla Shaftesbury!
Ma vi è di più!
Mandeville sostiene anche come il “troppo ricorrere” al Bene e al Bello possa veicolare l’uomo a rendersi colpevole di vizi particolarmente gravi e pericolosi in termini morali quali, ad esempio, l’aprire la porta all’ipocrisia. Sembra quasi che Mandeville desideri sottolineare come, invero, sia lui – e non Shaftesbury! – ad essere maggiormente incline a ciò “che è giusto e vantaggioso” per una pacifica convivenza sociale. A tal proposito, infatti, particolarmente interessante risulta essere anche le disquisizioni in seno alla religione.
Mandeville, infatti, enfatizza il ruolo “temporale” del Credo e considera la religione socialmente utile al fine di frenare derive pericolose ed incontrollate degli istinti egoistici dell’uomo; Shaftesbury, invece, affidandosi alla sua concezione circa lo stato di natura dell’uomo, non ritiene necessaria una visione secolarizzata del Credo e, anzi, verte la propria attenzione sul deismo. Paradossalmente, quindi, sarà soprattutto la filosofia di Shaftesbury ad essere maggiormente criticata dalla Chiesa.
Ricordati di votare l’articolo, se vuoi, utilizzando il tasto rate this all’inizio del post.