INTRODUZIONE AL SUTRA DEL LOTO.


Il Sutra Del Loto è tra i più importanti lasciti del Buddhismo. Al suo interno è possibile cogliere e comprendere l’essenza della Legge Fondamentale – nam-myoho-renge-kyo – trasmessa all’intera umanità da parte di Shākyamuni. Pur essendo personalmente orientato verso lo Zen, ritengo che la lettura e l’apprendimento di questo sutra sia di assoluta rilevanza per tutti coloro che desiderano conoscere e (magari) avvicinarsi al Buddhismo. Tanto per evidenziare, fin da subito, come intendo procedere in questa ed ampia trattazione, inizierò con l’esporre alcune nozioni introduttive, di modo da fornire un quadro concettuale e culturale di riferimento al lettore. Successivamente, tratterò alcune tematiche contenute nei due capitoli che sono soliti essere ritenuti i più importanti dell’intero sutra: Hoben e Juryo.

Shākyamuni è il fondatore del Buddhismo. Possiamo rivolgerci al suddetto anche con il semplice nome di Buddha. Da un punto di vista etimologico, il termine shākya deriva dalla sua tribù di appartenenza, mentre muni significa “santo”, “saggio” et similia. Ad ogni modo, prima di ottenere l’Illuminazione e di divenire Buddha, il suo nome è Siddharta Gautama. Il nome Siddharta vuol dire “colui che riesce nel proprio intento”.

Fin dalla giovane età, Siddharta si interroga circa i quattro grandi dilemmi esistenziali: vita, malattia, vecchiaia e morte. Al fine di comprenderne il reale significato, Siddharta rinuncia alla ricchezza e alla sua stessa famiglia, indirizzando sé medesimo verso la meditazione e la contemplazione. Ma non si chiude in una conduzione ascetica dell’esistenza, bensì vive una vita normale, umile e rivolta alla vera conoscenza. Giunge così all’Illuminazione. Trascrive e tramanda in seguito tutto ciò che ha imparato e che desidera lasciare come insegnamento. Noi chiamiamo oggi quell’insegnamento Buddhismo.

Shākyamuni è consapevole di come la verità ultima sia di difficilissima comprensione e di arduo arrivo. Ciò che desidera porre in essere fin da subito è, dunque, un percorso di apprendimento attento ed il più curato possibile, dove, a seguito di vari moniti e consigli, si renda possibile alla fine per il discepolo raggiungere la Buddità. Ad esempio, istruire il prossimo circa la natura della vera felicità, la quale non è da ritrovarsi nelle fugaci ed effimere cose terrene o nella opportunistica ed esclusiva idea di possesso. La felicità, difatti, non può risiedere in ciò che è terreno perché esso, per sua stessa natura, non è duraturo ma labile ed effimero. Solo attraverso lo sradicamento totale del desiderio è, quindi, possibile giungere ad una piena comprensione. Questo è uno dei grandi fondamenti del Buddismo Hinayana.

Segue poi una seconda fase, all’interno della quale Shākyamuni impartisce ai suoi discepoli i cosiddetti insegnamenti Mahayana, finalizzati (anche) alla rivelazione e descrizione del Mondo del Buddha. Esso si trova all’estremo est o all’estremo ovest dell’Universo ed è Terra di assoluta e pura Illuminazione.

Ma siamo ancora lontani dall’esposizione della Legge Fondamentale che permette al singolo di cogliere l’Assoluto nella sua più pura e piena forma. Essa è contemplata all’interno dell’ultimo grande insegnamento di Shākyamuni. Un insegnamento che, nella sua molteplicità e profondità, va per l’appunto costituendo il Sutra Del Loto. Basti pensare che il Sutra Dell’Infinito Significato afferma che «L’Infinito significato deriva dalla Legge assoluta»… a dimostrazione, dunque, di come tutti gli insegnamenti precedenti dipendessero da siffatta legge e, nella loro “parzialità”, andassero costituendo l’essenza stessa del Sutra del Loto.

Il nome giapponese del Sutra Del Loto è Myoho-Renge-Kyo – in sanscrito è Saddharma-Pundarika-Sutra -. Il saggio cinese T’ien-T’ai divise l’intero sutra in due parti: shakumon (comprensivo dei primi quattordici capitoli e costituente l’insegnamento “teorico” del sutra medesimo) e honmon (ovvero l’insegnamento “essenziale”, esposto nei quattordici capitoli conclusivi dell’intera opera). Shakumon evidenzia come tutti siano in grado di perseguire il cammino del Buddha e di giungere alla vera Illuminazione; honmon, invece, espone i principi stando ai quali l’esistenza di Shākyamuni sia da intendersi come la esistenza del Buddha.

Il capitolo introduttivo del Sutra Del Loto – Jo-Hon – descrive la grande assemblea che si tiene presso il Gridhrakûta o “Picco dell’Aquila”. Su questa alta vetta, Shākyamuni espone i principi fondamentali del Buddhismo a numerosi discepoli – alcuni particolarmente noti come Shariputra -. L’intero evento altro non è che una meravigliosa allegoria della vita dello stesso Buddha e dei Dieci Mondi che vanno caratterizzando la sua stessa esistenza di Buddha. Durante l’assemblea, fra i tanti insegnamenti impartiti, Shākyamuni rivela di avere ottenuto l’Illuminazione in un’altra esistenza… in un tempo lontanissimo chiamato gohya-ku-jintengo. In tal modo viene manifestato uno dei grandi principi del Buddhismo: la reincarnazione.

Nam-Myoho-Renge-Kyo significa dedicarsi a Nam-Myoho-Renge-Kyo, in quanto essa è la Legge Fondamentale che contiene la Verità Assoluta e la Forza Vitale dell’intero Cosmo. Nichiren Daishonin materializza suddetta legge nel dai-gohonzon, così che ciascuno possa perseguire la Buddità e condurre esistenze serene e pacifiche. Ma qual’è il significato di Nam-Myoho-Renge-Kyo? Procediamo con ordine:

  • Il termine nam – da namu – indica il dualismo ontologico che sta alla base dell’intera dottrina buddista. Fede e pratica. Perché tanto è necessario dedicarsi alla Legge Fondamentale quanto permettere alla stessa di fluire libera e vigorosa dentro ciascuno di noi. Uno e Universo si fondono dunque in modo indissolubile. Questo è ciò che accade quando recitiamo dinanzi al gohonzon e attingiamo al Nam-Myoho-Renge-Kyo;
  • Myo vuol dire “incomprensibile” mentre ho significa “legge”. Questa è la Legge Cosmica! Impossibile che la stessa venga compresa per mezzo di pratiche abitudinarie come la mera logica, in quanto essa stessa è sita al di là di ogni capacità di pensiero e di immaginazione. Essa è pura essenza;
  • Renge, invece, vuol dire “fiore di loto”. Il loto è uno dei simboli più importanti e profondi all’interno del Buddhismo. Proprio come il loto produce i fiori ed i semi contemporaneamente, così i Nove Mondi indicano le cause che portano al Decimo Mondo ovvero alla Buddità (effetto). Anche in questo possiamo notare un superamento della logica: noi riteniamo che la causa anticipi sempre l’effetto e che esso segua necessariamente dalla prima. Il Buddhismo, al contrario, parla di coesistenza armoniosa e perfetta in quanto l’effetto è inerente – non implicito! – all’atto stesso. Ecco perché, secondo il Buddhismo, il nostro futuro è determinato dalle nostre azioni e le nostre azioni, nel momento in cui prendono vita, determinano il nostro futuro – da qui si origina tutta l’intera trattazione sul karma -. Inoltre il fiore di loto fiorisce in terreni fangosi e melmosi ma, nonostante questo, non lascia che il fango e la melma lo intacchino. Quindi, pur commettendo azioni malvagie o tali da allontanarci dalla Via dell’Illuminazione, la Buddità “potenziale” insita in ciascuno di noi resta viva e vigorosa;
  • Kyo, infine, significa “sutra” e, dunque, l’insegnamento del Buddha.

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