LA TEODICEA ED IL MIGLIORE DEI MONDI POSSIBILI.


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Da metafisico, la domanda che si pone Leibniz è la seguente: “Se lo sviluppo delle monadi è necessario in quanto parte integrante dell’architettura del Mondo creato da Dio, all’interno di esso e tra le stesse che ruolo va mai ricoprendo la libertà?”.

Leibniz parla di “ciò che è reale” e di “ciò che è pensabile”. Il “pensabile” rimanda al “possibile”, ovvero “ciò che viene pensato, può e non può”. In sintesi: se penso A, può darsi A o non A. Nella sfera, quindi, del “pensabile” e del “possibile”, la logica legittima e ammette la contrarietà – A, in quanto possibile perché pensabile, può rendere possibile anche la sua (pensabile) alternativa (non A) -. Se questo impianto gnoseologico lo ascriviamo alle monadi – o meglio, alla pluralità delle stesse -, possiamo sostenere che esistono diversi Mondi possibili, dato che esistono diversi Mondi pensabili. Questo è il fondamento del “pluralismo prospettico” di Leibniz.

Ricapitolando, dunque: dinanzi alla possibilità del pensabile e alla pensabilità del possibile, si aprono, dinanzi a noi, Mondi diversi. Mondi diversi legittimati e giustificati dai diversi punti di vista delle monadi, ovviamente.

Tra tutti i Mondi possibili – in quanto pensabili -, Dio, sostiene Leibniz, ha però realizzato il migliore – il migliore dei Mondi possibili -, in quanto il più armonioso ed unitario. In Dio, infatti, risiedono tutte le “possibilità pensabili” e tutte le “pensabilità possibili” e tra tutte queste opzioni Egli ha scelto questo Mondo, ovvero il migliore dei Mondi possibili, per l’appunto. Questa argomentazione fa di Leibniz il “teorico dell’armonia metafisica” (le monadi, il Dio Architetto, la forza vivente, ecc.).

Il passaggio successivo a quanto appena esposto è il seguente: dato che Dio ha creato il migliore dei Mondi possibili, in esso non può che esserci il minore dei mali possibili ed il maggiore dei beni possibili, in quanto Dio è essere benevolo ed onnipotente (assioma metafisico). Questa convinzione spalanca le porte però alla riflessione legata alla teodicea.

Sono due le questioni che devono essere affrontate: l’Uomo e la Natura.

Se il Mondo in cui l’uomo vive è il migliore dei Mondi possibili in quanto creato da Dio, come può l’uomo stesso essere limitato in esso dalla presenza del male?

Leibniz è convinto che l’essere umano debba sottostare a due diverse tipologie di “necessità”:

  • in primis, una “necessità metafisica”: gli uomini, in quanto monadi, “divengono in base alla necessità per la quale debbano divenire”. Per essere più chiari: l’uomo non può prescindere dalla necessarietà metafisica della struttura del Mondo pensata a priori da Dio;
  • in secundis, una “necessità morale”: l’uomo, in quanto monade che vive nel migliore dei Mondi possibili creato da Dio, ha il “dovere morale” di tendere al Bene (cfr. Platone), dato che suo è il compito di armonizzarsi all’ordine metafisico della struttura del Mondo architettato dall’Altissimo. Attenzione però! L’uomo resta libero (libero arbitrio), o meglio, può decidere di compiere azioni in grado di discostarlo da suddetta armonia.

La possibilità ascritta all’uomo di venire meno alla necessità morale di cui sopra, apre le porte ad un altro quesito. Un quesito che può assumere le sembianze di una vera e propria aporia: “Questo Mondo è davvero il migliore dei Mondi possibili anche se l’uomo resta libero di scegliere di non tendere al Bene?”. Sì! Sì perché, afferma Leibniz, esso resta il più armonioso ed unitario tra tutti i Mondi pensabili e possibili e, essendo stato scelto da Dio, non può che essere il migliore dei Mondi. Dio, dunque, è il grande presupposto metafisico dell’intera filosofia di Leibniz (cfr. Descartes).

Vi è, infatti, una differenza ontologica tra Dio e l’Uomo. Dio è libero in termini assoluti ma obbligato moralmente a scegliere il migliore dei Mondi possibili poiché buono. Fondamentalmente ed essenzialmente buono! L’uomo ha sì il dovere di tendere al Bene ma non vi è obbligato, invece! In Dio, al contrario, vige tale costrizione! In quanto Essere benevolo, Dio non può non necessariamente optare per la “soluzione pensabile e possibile migliore”: il migliore dei Mondi possibili, per l’appunto.

Il fatto, quindi, che l’uomo resti libero di tendere al Male non inficia la purezza della scelta divina.

Ma vi è un altro quesito relativo alla teodicea: “Se Dio è buono e, proprio a causa di questa sua natura benevola, ha creato il migliore dei Mondi possibili, come può in esso esistere il Male – inteso in senso lato come sofferenza, morte, dolore, tristezza et similia -?”. O, per girare il punto di vista: “Dio è la Causa o, ad ogni modo, il Responsabile dell’esistenza del Male nel Mondo?”.

L’avvenimento storico che sconvolse il panorama internazionale dell’epoca fu, come è ben risaputo, il grande terremoto di Lisbona del 1755. In occasione, infatti, di un simile cataclisma in molti andarono interrogandosi, filosoficamente, circa l’esistenza del Male nel Mondo e circa i fondamenti del rapporto Uomo-Natura. La domanda che potremmo porre a Leibniz è proprio la seguente: “In presenza di siffatte calamità naturali, questo Mondo continua ad essere il migliore dei Mondi e Dio continua ad essere “esentato” dal venire considerato la Causa e l’Artefice del Male nel Mondo?”. Nuovamente la risposta del filosofo è positiva.

Nell’ottica di Leibniz, infatti, il terremoto di Lisbona è il minore dei mali possibili proprio perché Dio, avendo creato questo Mondo, ha scelto il minore dei mali possibili. Anche se funesto, dunque, quell’avvenimento rientra perfettamente nel processo di armonizzazione ed unitarietà voluto e scelto dall’Altissimo. L’errore gnoseologico, quindi, che andiamo commettendo è tutto nostro: il “male naturale” – esattamente come il “male morale” dell’uomo – fa parte di un ordine che è il migliore tra tutti gli ordini pensabili e possibili… ecco perché la Natura lato sensu resta fondamentalmente benigna e benevola all’interno della filosofia di Leibniz – una convinzione questa che sarà poi estremamente osteggiata da Schopenhauer.

Se riteniamo che l’esistenza del Male sia da imputare a Dio e che questo Mondo non sia il migliore dei Mondi è solo perché (stupidamente) anteponiamo il nostro (limitato) punto di vista a quello di Dio che, invece, tra tutte le “pensabilità possibili” e le “possibilità pensabili” ha scelto il minore dei mali ed il maggiore dei beni. Se non riusciamo a comprenderlo, il limite intellettivo è solo e soltanto nostro – come detto poc’anzi, Dio resta il grande presupposto metafisico dell’intero impianto filosofico di Leibniz -.

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