MORALE E SATIRA: CI RISIAMO…


Questa è la vignetta che Vauro ha postato presso il proprio account Twitter e che è stata pubblicata sulle pagine de Il Fatto Quotidiano:

Quindi, ci risiamo. Nuovamente abbiamo a che fare con il sottile ed imperscrutabile limite che separa – o dovrebbe separare – la morale dalla satira. Cerchiamo di restare il più oggettivi possibile e di procedere, affidandoci alla calma e al raziocinio.

Prima di tutto, bisogna prendere le distanze da tutte quelle posizioni che risultano essere viziate da orientamenti ed interessi di natura politica et similia. In sintesi: tutti coloro che inneggiano alla vignetta o che si considerano oltraggiati dalla sua pubblicazione, solo e soltanto, perché tale raffigurazione valorizza o deturpa il proprio personale orientamento politico, farebbero bene a non parlare né di satira né di morale. Per un semplice reale ed oggettivo motivo: è l’orientamento politico medesimo, in questo caso, a definire la vignetta come opera satirica o no. Non la comprensione in sé di cosa sia e debba essa Satira e di cosa sia e debba essere Morale. Punto. Sono punti di vista viziati. Innegabilmente deviati. Le ideologie politiche, in casi come questo, non sono di alcun aiuto e ragionamenti del tipo la Meloni è una fascista e quindi fanno bene ad offenderla risultano utili, ai fini di questa – e ripeto questa! – trattazione, al pari di un termosifone acceso in pieno deserto. Parlare di satira e di morale impone, per forza di cose, di avere a che fare con tematiche che non possono essere coltivate in ambienti come il circolo del paese o la curva nord dello stadio.

Proseguiamo e cerchiamo ora di muoverci con una certa linearità di giudizio.

Partiamo dall’inizio, col sostenere cioè che la suddetta vignetta sia da denunciare perché lede ed offende l’immagine di una precisa e riconosciuta carica istituzionale, ovvero quella di Primo Ministro. Fermiamoci qui. A questa iniziale considerazione. E poniamoci subito una domanda: “È questa una considerazione plausibile?”. Ebbene saremmo dei folli a sostenere, nel 2023, che non si possa fare della satira su dei personaggi pubblici, indipendentemente dai ruoli, istituzionali o non, gli stessi vadano ricoprendo. Perché, se fosse così, allora il Papa avrebbe dovuto scomunicare l’intera Via Lattea, molte decadi or sono, ed io non avrei mai potuto leggere il Karaocchetto di Forattini. Non c’è molto da aggiungere al riguardo. Secondo step, allora, e domanda successiva: “Dobbiamo condannare la vignetta perché oltraggia una madre, il suo ruolo e coinvolge la sua stessa figlia?”. Questo il confine su cui dobbiamo cercare di ragionare.

Cosa rappresenta, in sé e per sé, la vignetta di Vauro?

La possession così chiaramente esplicata, indica un ben preciso e, altrettanto, ben noto “lascito berlusconiano” – di cui ritengo non sia necessario fare alcun tipo di approfondimento, dato che trattasi di cronaca italiana degli ultimi vent’anni -. Nella raffigurazione, Giorgia Meloni si tramuta nel papì pappone… il tutto avviene sulla scia degli insegnamenti del proprio “mentore perduto” – a detta di Vauro -. Anzi. Probabilmente andiamo assistendo, invero, ad una vera e propria reincarnazione, ove lo spirito del decaduto Cavaliere trova dimora all’interno del corpo della sua fedele ancella. In ciò consiste il contenuto satirico della pubblicazione di Vauro. Si tratta di satira? Sì. Senza ombra di dubbio. È una chiara testimonianza di satira politica. Satira politica che investe scenari – per l’appunto – politici di un, oramai scomparso, avversario – per l’appunto – politico. Stop. È fuori luogo? È pungente? È cattiva? Probabilmente sì ma anche questo fa parte della satira politica, altrimenti nel ‘700, al posto dei pamphlets e/o delle opere clandestine, i filosofi avrebbero pubblicato ricette di cucina e Pasquino, a Roma, avrebbe avviato un’attività di import/export . La domanda semmai è un’altra: “È moralmente accettabile? E, qualora non lo fosse, possiamo continuare a considerarla satira?”.

Per considerarla come “moralmente non accettabile”, dovremmo riconoscere che la “lesione” arrecata all’immagine della Meloni, nelle sue vesti di madre, sia da ritenersi tanto fuori luogo quanto ai limiti della calunnia. Dovremmo affermare che il contenuto satirico della vignetta sia giustificato, solo e soltanto, dall’aver voluto colpire il Primo Ministro in quanto donna e madre, attraverso l’esaltazione di una sorta di continum temporale/valoriale tra lei e Berlusconi, riguardo al trattamento riservato a giovani ragazze e minorenni. In sintesi: la Meloni molesta una bambina esattamente come il Cavaliere avrebbe fatto – il condizionale resta d’obbligo – anni prima. Per esternare tale messaggio, si fa leva “satiricamente” sul rapporto madre-figlia. Il punto è proprio questo: la condanna politica a Berlusconi assume sì vesti di satira ma si esplica attraverso il rapporto suddetto. Quindi, tornando alla prima delle due domande: “È  moralmente accettabile?”. No.

Si tratta di un giudizio però soggettivo. Non è possibile appellarsi ad una morale universale per definire oltraggiosa la rappresentazione di Vauro, il quale, fra le altre cose, in quanto “comico – o presunto tale – politicamente schierato”, non può – o non vuole – esimersi dal fare una satira politica che sia, per l’appunto, orientata e schierata. Si tratta di un limite che non siamo chiamati né a giustificare né, tanto meno, a condividere, ad ogni modo. Fate vobis.

Personalmente ritengo la vignetta di Vauro, seppur – relativamente – “simpatica”, testimone di una “pochezza” di idee, a dir poco, imbarazzante. A ciò aggiungo anche che l’inserimento in essa di una bambina ed il filtraggio fatto per condannare un terzo soggetto – Berlusconi -, suonino come il triste de profundis di un artista sul crepuscolo delle attenzioni. Ma resta comunque da dare risposta alla seconda domanda: “Seppur da condannare sulla base dei propri valori morali, è giusto continuare a considerarla satira?”.

Sì! Senza ombra di dubbio! Ed è questo lo sforzo che dobbiamo fare.

Perché è e sarà sempre la morale personale a fare da filtro e a legittimare o no, col buon senso critico, senza ricorrere a censure o restrizioni, i differenti contenuti che dinanzi ai suoi attenti occhi troveranno l’ardire di posarsi. Resta doveroso e fondamentale coltivare una propria integrità ed una propria morale. Non viziata. Non deviata. Non schierata. Pura, genuina ed onesta. Critica. Virtuosa. Capace di analizzare gli avvenimenti. In grado di dare fondamento alle proprie personali argomentazioni.

Il confine tra Satira e Morale non è conflittuale ma, al massimo, dicotomico, dove il criticare il contrario non significa abolirlo. Non incondizionatamente, almeno. Due opposti estremi costretti ad attirarsi, sempre, l’uno verso l’altro.

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