IL CULTO DEGLI ALBERI NELLA MITOLOGIA CELTICA.


L’albero ricorda ai Celti il dogma druidico della infinità della Vita e – di conseguenza – la transitorietà della Morte – intesa, quindi, come mero passaggio -. Un albero spoglio o a foglie caduche è sì morto, ma si tratta di una morte, per l’appunto, transitoria: superata la stagione invernale, l’albero torna in fiore, palesando così la ferrea volontà della Vita ad affermarsi in tutta quanta la propria pienezza. Non solo, dunque, gli alberi sono sacri per i Celti ma si suppone che le prime raffigurazioni degli Dei siano derivate proprio dalla venerazione di suddette piante. Nei paesi celtici, del resto, sono alquanto numerose le iscrizioni votive dedicate a vari “Dei degli Alberi”. Si prendano, ad esempio, in considerazione le seguenti Divinità:

  • Robur: Dio della Quercia;
  • Fagus: Dio del Faggio;
  • Alisanus: Dio del Sorbo;
  • Abellio: Dio del Melo;
  • Olloudios: Dio del Grande Albero.

Potremmo anche menzionare un deus sex arbores che, evidentemente, appellandoci alla traduzione letterale del termine, deve avere a che fare con un Dio in grado di manifestarsi sotto forma di sei distinti alberi sacri.

La sacralità dell’albero affonda le proprie radici (anche) in questioni e dinamiche socio-politiche, oltre che di natura prettamente teologica e/o mitica. L’albero, infatti, non è semplicemente “sacro” ma, bensì, sacro per quella determinata tribù, la cui crescita e proliferazione è da intendersi nello sviluppo del legame che la comunità stessa tesse con le Divinità del Cielo e della Terra… guarda caso due “dimensioni” messe tra loro a contatto proprio dalla figura dell’albero medesimo. Quest’ultimo, del resto, unendo assieme il piano terrestre a quello celeste, va formando un microcosmo, al cui interno vivono gli uomini. Una vita dedita alla comprensione di due paradigmi esistenziali fondamentali: quello della Vita e quello della Protezione. La stessa fisionomia dell’albero è, infatti, particolarmente allegorica: i rami, le foglie e l’intera struttura della pianta vanno rappresentando l’organizzazione comunitaria. Ecco perché molte incoronazioni avvengono sotto le ampie chiome di queste gigantesche piante. Ecco perché la distruzione dell’albero sacro di un villaggio comporta la totale sottomissione della sua stessa tribù.

Torniamo per un attimo al sopracitato “microcosmo”.

Esiste, infatti, un “Grande Albero della Vita”. Un “Albero della Vita Mondiale”. Esso sorregge l’intera volta celeste. Esso è – proprio da un punto di vista ontologico – il vero “Pilastro del Mondo”. Ma non nel senso del mito classico del titano Atlante. Questo “Dio Albero” incarna e racchiude l’ordine della struttura di tutto il Cosmo. Se esso, dunque, cade, il Cielo crolla e la Vita si estingue.

Gli alberi, all’interno della tradizione celtica, non sono entità fisiche isolate. I luoghi di culto, infatti, vanno costituendosi di alberi che delimitano e definiscono intere foreste e/o boschetti sacri. Si esalta la Natura nella sua più primordiale e sensibile manifestazione: una foresta, ad esempio, per essere ritenuta un luogo sacro non necessita di un tempio o di una raffigurazione di un Dio, ma soltanto del fatto di esistere e di venire considerata in quanto tale.

Anche l’aldilà – specchio del Mondo reale – si compone della presenza di numerosi alberi. Alberi sacri, i cui frutti vengono generalmente difesi da giganti e mostri. Ecco, dunque, la fonte della narrazione di numerose imprese e leggende eroiche. Tra queste, merita menzione quella di Trefuilngid, l’eroe che tiene stretto tra le mani un ramo da cui fioriscono noci, mele e ghiande. Dai frutti caduti a terra, la tradizione afferma che si siano originati i cinque alberi sacri d’Irlanda: l’Albero di Ross, l’Albero di Mugna, l’Albero di Dathi, l’Albero di Uisneach e quello di Tortu. Cinque alberi per cinque provincie… anche in questo caso, la reciprocità che sussiste tra albero e territorio si manifesta forte ed incontrovertibile. L’Albero di Dathi, di Tortu e di Uisneach sono frassini, mentre quello di Mugna è una quercia. Ma anche il faggio, il sorbo selvatico, l’agrifoglio, l’olmo, e via discorrendo… sono tutti alberi sacri per la tradizione e la mitologia celtica. La betulla, ad esempio, soprattutto nel Nord Europa, è considerata essere l’Albero della Vita, mentre la bacca rossa del tasso collega l’albero stesso all’aldilà e viene usata come amuleto contro le fate maligne. I rami del sorbo selvatico, invece, sono soliti venire attaccati alle porte dei granai e delle case, per allontanare  da quei luoghi gli influssi demoniaci di streghe e di entità malvagie… ecco spiegato anche il motivo per il quale gli anziani ricorrono a questo legno per costruire il proprio bastone per la vecchiaia.

Una menzione a parte merita poi la quercia. Il filosofo antico Massimo di Tiro afferma come per i Celti la Quercia sia, in realtà, Giove. O, per essere più precisi, i Celti “identificano” la Quercia come i Romani “identificano” Giove. Sulla corteccia della quercia è possibile scorgere e leggere il volere degli Dei e la ghianda è in grado di cambiare la coscienza di chi l’assapora. Essa, infatti, è alimento sia per uomini che per animali e, soprattutto per quanto concerne questi ultimi, è il nutrimento preferito del maiale che – guarda caso! – è per la tradizione celtica la bestia che mitologicamente rappresenta l’immortalità. I concianti della quercia vengono utilizzati in campo medico per creare medicine ed unguenti… così come i suoi rami e le sue foglie sono sepolte assieme al defunto, per assisterlo nella vittoria contro la morte.

Altri alberi degni di nota per i Celti sono anche il tasso ed il susino. Il tasso ha in potenza le qualità dell’albero sacro: è sempreverde, possiede un legno duro e resistente, produce bacche rosse che sono utili tanto per la creazione di farmaci quanto per quella di veleni, ed è oltremodo robusto e massiccio. Persino le bacchette magiche ed i bastoni incantati dei druidi vengono realizzati utilizzando questo tipo di legno. Il susino, dal canto suo, è invece l’albero sacro delle fate: chi deturpa un susino incorre nella vendetta di queste creature.

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