LETTURA DELLA RELIGIONE E DEL DIVINO.


In breve, mio Signore, ritengo che sia l’atteggiamento melanconico verso la religione a renderla così tragica, e a farla responsabile di così tante orribili tragedie nel mondo. Ed è mio avviso che, se trattiamo la religione con rispetto, non potremo mai usare troppo buon umore o esaminarla con troppa libertà o familiarità. Infatti, se essa è genuina e sincera, non solo sosterrà la prova, ma prospererà e ne trarrà vantaggio. Se invece è spuria o unita alla menzogna, sarà scoperta e smascherata.

Il modo malinconico in cui ci è stata insegnata la religione, ci impedisce di pensare ad essa con buon umore. È principalmente nelle avversità, nelle malattie, nel dolore, quando la nostra mente è turbata o siamo agitati, che vi facciamo ricorso. Sebbene, in verità, non siamo mai nella situazione adatta per pensare ad essa, se non quando ci troviamo ad affrontare momenti pesanti e cupi. Non potremmo mai contemplare qualcosa sopra di noi, se non siamo nella condizione di guardare dentro noi stessi ed esaminare con calma il nostro stesso temperamento e le nostre passioni. Allora vediamo una divinità in collera, furiosa, vendicativa e terrificante, quando dentro di noi siamo pieni di apprensioni e di paure e, per la sofferenza e l’ansia, abbiamo perso gran parte della calma naturale e della serenità del nostro temperamento.

Per comprendere bene cosa sia la vera bontà e cosa implichino quegli attributi, che noi ascriviamo con tanto plauso e onore alla divinità, non solo dobbiamo trovarci in un normale stato di buon umore, ma nel migliore degli umori, e nella più amabile e gentile disposizione d’animo della nostra vita. Allora saremo in grado di vedere al meglio se quelle forme di giustizia, quei tipo di castigo, quel temperamento rancoroso, quella suscettibilità e indignazione che attribuiamo comunemente a Dio, si accordano con quelle originarie idee di bontà che lo stesso essere divino, o la Natura per lui, ha impresso dentro di noi e che noi dobbiamo necessariamente presupporre, per offrirgli qualunque tipo di lode e onore.

Anthony Ashley-Cooper, III Conte di Shaftesbury, Lettera sull’entusiasmo (1708). Ricordati di votare l’articolo, se vuoi, utilizzando il tasto rate this all’inizio del post.

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