Proibire le paure naturali degli uomini e tentare di dominarle con altre paure, è un metodo assolutamente innaturale. Il magistrato, se ne ha la capacità, dovrebbe avere una mano più delicata, e invece di caustici, incisioni e amputazioni, dovrebbe utilizzare i più soffici balsami; con una certa simpatia dovrebbe comprendere le preoccupazioni del popolo e facendo propria, per così dire, la sua passione, dovrebbe calmarla e soddisfarla, tentando di distrarla e guarirla con serenità.
Tale era la politica degli antichi e perciò (come dice un illustre scrittore della nostra nazione) è necessario che il popolo abbia una “guida pubblica” nell’ambito della religione. Negare al magistrato l’autorità sul culto o eliminare la Chiesa nazionale sarebbe mero entusiasmo, come ciò che produce le persecuzioni. Perché, infatti, non vi dovrebbero essere dei viali pubblici, così come dei giardini privati? Perché non dovrebbero esserci biblioteche pubbliche, così come un’istruzione e tutori privati? Stabilire i limiti dell’immaginazione e della speculazione, dare regole alle apprensioni degli uomini o alle loro credenze e paure di natura religiosa, sopprimere con la violenza la naturale passione dell’entusiasmo; tentare di definirlo e di ridurlo a una sola specie, o ricondurlo a qualunque comportamento, tutto ciò, in verità, non è più ragionevole, né merita una migliore caratterizzazione di quella che il commediografo offre nei riguardi di un progetto analogo negli affari di cuore:
Nihilo plus agas
quam si des operam ut cum ratione
insanias.
Come ben sapete, mio Signore, non solo i visionari e gli entusiasti di ogni genere erano tollerati dagli antichi; accadeva anche che la filosofia fosse libera e permessa come contrappeso alla superstizione. E mentre alcune sette, come i Pitagorici e i tardi Platonici, aderivano alla superstizione e all’entusiasmo del tempo, agli Epicurei, agli Accademici e ad altri erano consentito usare tutta la forza dell’intelletto e della canzonatura per contrastarle. E così vi era un felice equilibrio: la ragione giocava lealmente, la cultura e le scienze fiorivano. L’armonia e l’umore che emergevano da tutti questi contrasti erano meravigliosi. La superstizione e l’entusiasmo erano trattati con moderazione, ed essendo lasciati soli, non si infiammavano mai al punto di provocare spargimenti di sangue, guerre, persecuzioni e devastazioni nel mondo. Ma una nuova forma di politica, che si estende anche all’altro mondo e che considera la vita e la felicità future degli uomini più importanti di quelle presenti, ci ha fatto superare i limiti dell’umanità naturale, e invece della carità divina ci ha insegnato come affliggerci l’un l’altro col massimo della devozione. Ha suscitato un’antipatia che nessun interesse temporale avrebbe mai potuto destare, e ci ha condannati a un eterno odio reciproco. E ora l’uniformità di opinione (progetto auspicabile!) è vista come il solo espediente contro questo male. Salvare anime è divenuta ora la passione eroica degli spiriti esaltati e, in qualche modo, la principale preoccupazione del magistrato e il vero e proprio fine del governo.
Anthony Ashley-Cooper, III Conte di Shaftesbury, Lettera sull’entusiasmo (1708).