Quello che accade nella natura si verifica anche nella morale: non c’è niente di così perfettamente buono nelle creature che non possa essere nocivo a qualcuno nella società, né alcuna cosa così interamente cattiva che non possa rivelarsi benefica ad una parte o ad un’altra del creato: da questo possiamo concludere che le cose sono buone o cattive solo in rapporto a qualcos’altro, e a seconda delle circostanze e della posizione in cui si trovano e dell’angolatura da cui sono osservate. Quello che ci piace è buono sotto questo aspetto ed è seguendo questa regola che ogni uomo si augura tutto il bene che riesce a concepire, senza preoccuparsi molto del suo vicino. Se non fosse mai piovuto in una stagione molto secca, nonostante tutte le preghiere pubbliche per ottenere un po’ d’acqua dal cielo, ciò non impedirebbe a un individuo che deve mettersi in viaggio di augurarsi che possa essere bel tempo solo per quel giorno. Quando il grano è fitto nei campi a primavera e tutta la nazione gioisce a quel piacevole spettacolo, il ricco fattore, che ha conservato il raccolto dell’anno precedente, aspettando che i prezzi del mercato gli fossero favorevoli, soffre a questo spettacolo, e gli sanguina il cuore alla prospettiva di una messe abbondante. […] È una fortuna che le preghiere e gli auspici della maggior parte della gente siano assurdi e non vadano a buon fine, altrimenti l’unica circostanza che potrebbe conservare gli uomini adatti alla società ed evitare che il mondo tornasse nel caos sarebbe l’impossibilità che tutte le richieste rivolte al cielo potessero essere esaudite.
Bernard De Mandeville, The fable of bees, or Private Vices, Publick Benefits (1714).
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