LO ZEN: DEFINIZIONE E DISCERNIMENTO.


Lo Zen non è né una filosofia né una religione.

Non può essere una filosofia. Non esiste una gnoseologia o una epistemologia tale da permetterci di risalire allo Zen. Tale da permetterci di definire lo Zen. Significa che lo Zen non è un concetto. Non un qualcosa che possa essere ridotto ad una speculazione intellettiva. Non il frutto di una induzione o di una deduzione. Di per sé, dunque, potremmo sostenere come non esista un iter conoscitivo che possa permetterci di risalire allo Zen. Nessun documento o testo, quindi, può ascriversi un tale compito. Attenzione! Desiderando lo Zen essere Buddhismo, vi possono essere sutrasastra che possono coadiuvare l’individuo a risalire allo Zen. Ma non è in esso che lo Zen risiede nella propria pienezza. Lo Zen, infatti, risiede in ciascuno di noi. Nella nostra mente. Nella nostra personale capacità di coglierlo e scorgerlo. Significa che ognuno di noi può essere un maestro. Significa che testi e documenti sono solo testi e documenti all’attenzione dello Zen. Non significa che dobbiamo considerare lo Zen come una manifestazione nichilista della realtà. Come vedremo più avanti, lo Zen resta pur sempre un atto di costruzione e di affermazione e mai – mai! – un distruggere e/o un negare. Lo Zen si rivela come “saldamente affermativo” ed “eternamente positivo”. Sempre.

Ma lo Zen non è nemmeno una religione. Non vi sono testi sacri ai quali ispirarsi. Né precetti o tabù da rispettare. Non esiste alcuna anima da purificare e/o salvare. Non viene contemplata alcuna ricompensa nell’aldilà. Nemmeno Dio è contemplato. Questo non significa che lo Zen neghi Dio. Significa che lo Zen non è Dio. Dio, infatti, non è né negato né postulato. Lo Zen è oltre la mera logica finalizzata alla negazione o affermazione di un (presunto? ipotetico?) Altissimo.

Non dobbiamo commettere l’errore di considerare lo Zen come incompatibile con la religione o con la filosofia. Colui che si addestra nella “ricerca” dello Zen, è assolutamente libero di meditare su Dio o di riflettere su alcuni temi dal contenuto filosofico. L’importante è comprendere quanto segue: non è lì che va trovandosi lo Zen. Tant’è che lo Zen non deve nemmeno essere confuso con l’oggetto del meditare. Meditazione, infatti, significa veicolare la propria attenzione su un qualcosa. Ma lo Zen non è riducibile a qualcosa e non esiste un qualcosa che possa circoscriverlo. Lo Zen, quindi, è “ricerca”. Non solo. È ricerca “libera”. Semplice ricerca libera, ovvero svincolata da qualsiasi “ostacolo” – samsara -. Questo cosa comporta?

Significa che non esiste un “punto fermo” o “definito” cui si possa indirizzare l’essenza dello Zen. Nemmeno l’idea di totalità o di unità si palesa in grado di esprimere cosa sia in realtà lo Zen. Niente, quindi, può “arrestare” lo Zen in un “dove” o in un “quando”. L’unico requisito richiesto è il possesso di una mente libera e sgombra. Libera e sgombra di cogliere un qualcosa che non si fa cogliere e che fugge via una volta scorto. Lo Zen è elusivo. Non riconducibile a niente di meramente esterno. Impercettibile ed in grado di svanire nel momento stesso in cui riusciamo a toccarlo.

Lo Zen è pace interiore. Perché è lo spirito del Buddhismo. Non è possibile coglierlo tramite l’intelletto o affidandosi a regole scritte. Se è pace interiore, lo Zen è innegabilmente il “nostro dentro”. Solo e soltanto lì potremmo trovare ciò che permette a ciascuno di noi di vivere in pace e serenità. È necessario, dunque, entrare in contatto con la parte più interna di noi stessi. È necessario, dunque, comunicare con il nostro “io” nel modo più diretto, ovvero senza ricorrere a niente di esteriore o sovrapposto. Perché, come detto, niente circoscrive lo Zen e a niente lo Zen si riduce.

Tutto questo può permetterci di considerare lo Zen come una pratica mistica? Lo Zen è, dunque, misticismo? Se dovessimo considerare lo Zen la montagna o il Sole o l’aria o l’oceano e via discorrendo, allora sì. Il “nostro osservare quotidiano”. Non razionalizzato o meditato. Un semplice “guardare dentro” alle cose senza lasciarsi influenzare da nulla. Una contemplazione di ciò che è in quanto è. Un osservare che conduce alla percezione della propria esistenza in quanto parte integrante di un tutto. Un relativo che resta tale ma che induce all’assoluto. Una volta scorto, eleva lo spirito e diffonde pace interiore e serenità. Una volta scorto, tende a fuggire via. Questa è la illuminazione dello Zen. Satori.

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