Infatti la conoscibilità in genere, con la sua forma essenzialissima, e quindi sempre necessaria, di soggetto e oggetto, appartiene solo al fenomeno, non all’essenza in sé delle cose. Dove c’è conoscenza, cioè rappresentazione, ivi è anche solo fenomeno, e noi ci troviamo colà già nel campo del fenomeno; anzi, la conoscenza ci è in genere nota solo come un fenomeno cerebrale, e noi non solo non siamo autorizzati, ma non siamo neanche capaci, di pensarla in altro modo. Che cosa il mondo sia come mondo, si può capire: esso è fenomeno, e noi possiamo conoscere, immediatamente da noi stessi, in grazia dell’autocoscienza ben analizzata, quel che vi si manifesta; poi ancora si può, mediante questa chiave che ci fa penetrare nell’essenza del mondo, decifrare l’intero mondo fenomenico, nella sua connessione, come io credo di aver fatto. […] L’essenza delle cose prima o di là del mondo e quindi al di là della volontà, non è aperta a nessuna indagine, perché la conoscenza è essa stessa solo fenomeno, e trova quindi posto solo nel mondo, come il mondo solo in essa. L’intima essenza in sé delle cose non è un’essenza conoscente, un intelletto, bensì un essere privo di conoscenza: la conoscenza sopraggiunge solo come un accidente, un ausilio del fenomeno di quell’essenza, può dunque accoglierla in sé anche solo per quanto lo consente la sua natura, calcolata a tutt’altri fini (quelli della volontà individuale), perciò molto imperfettamente. Da ciò dipende che, dell’esistenza, essenza ed origine del mondo, non sia possibile una comprensione completa.
A. Schopenhauer, Il Mondo come volontà e rappresentazione (1819).
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