Non è possibile non parlarne. Oramai, è divenuto un fenomeno così mediatico e di grande attualità da assumere la stessa importanza e caratura di notizie di cronaca di ben altro livello. Ma è l’evento in sé ad essere stato così sbalorditivo o, al contrario, sono stati i troppi apprezzamenti – degenerati molto spesso in vere e proprie situazioni di delirio di massa – o le critiche formulate – come a volte accade – a priori a valorizzare ed enfatizzare, sul piano mediatico, quello che, tutto sommato, resta un banale videogioco per cellulare? Insomma, tentando di ridurre ai minimi termini tutta la questione: “Cosa si cela dietro al fenomeno globale di Pokémon Go?”. Vediamo di fare un’analisi oggettiva e costruttiva.
Innanzitutto, vorrei partire subito con una precisazione: Pokémon Go non è un comune videogioco. O, ad ogni modo, non è il videogioco che generalmente tutti noi intendiamo nel significato più classico e comune del termine. Quando noi giochiamo tramite console o computer o cellulare, e via discorrendo, il gioco trova la sua stessa fonte di esistenza e di logico funzionamento in sé medesimo; non importa dove giochiamo né cosa facciamo mentre giochiamo. L’accensione e lo spegnimento del device informatico giustifica, sempre e comunque, l’inizio ed il completamento dell’attività ludica. Non vi è mai sovrapposizione dei due piani di realtà a noi referenti: virtuale e reale. Le deviazioni comportamentali sul piano reale possono essere solo una conseguenza di quanto appreso e/o svolto sul piano ludico, ma mai una fonte di giustificazione per lo sviluppo di quest’ultimo. Un esempio banale può aiutare a comprendere meglio quanto appena esplicitato. Prendiamo in considerazione un gioco molto conosciuto – e particolarmente violento – come Grand Theft Auto. Se nella vita di tutti i giorni il videogiocatore, nelle vesti però di cittadino comune, svolgesse azioni simili o riconducibili a quelle poste in essere all’interno del videogioco, questa deviazione comportamentale sul piano della realtà oggettiva sarebbe sempre solo una conseguenza di quanto sviluppato sul piano virtuale. E – in teoria, perché poi in seno a tali normative poco o nulla viene fatto di concreto -, onde evitare proprio tali possibili e probabili emulazioni, si utilizza il PEGI come indice preposto dalla legge per la classificazione dei videogiochi in riferimento alle varie classi di età. Ma Grand Theft Auto – mettendo da parte tutte le conseguenze negative che potrebbe mai produrre con il suo solo e semplice “venir giocato” – necessita solamente di “accensione” e “spegnimento” per veder valorizzata la sua stessa esistenza video-ludica. Pokémon Go, invece, è diverso sotto questo punto di vista.
In Pokémon Go è la realtà oggettiva che permette il funzionamento e lo sviluppo del gioco stesso. Senza di essa, il videogioco non potrebbe azionare sé stesso. La percezione della realtà del cittadino viene decodificata virtualmente e permette lo svolgimento dell’applicazione ludica. Sono gli spazi di casa, le vie della nostra città, i parchi pubblici et similia, a permettere non solo l’evolversi del gioco ma il suo stesso funzionamento basilare. Tant’è che uno degli aspetti positivi, che (banalmente) viene esaltato quando si discute circa Pokémon Go, resta il fatto che quest’ultimo sia riuscito a spronare ragazzi e ragazze di tutte le età ad uscire all’aria aperta per affinare le proprie capacità percettive di cacciatori di pokémon.
In Italia gli estremismi abbondano ed anche su questo tema non potevano di certo mancare. Sul versante dei critici e calunniatori di questa app ludica si è schierato in prima linea addirittura il Codacons con una richiesta, inoltrata per vie ufficiali presso la Procura di Roma, di abolire in toto la diffusione della suddetta applicazione. Citando testualmente il “Coordinamento delle Associazioni per la Difesa dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori”:
Alla luce degli ultimi incidenti registrati in Italia abbiamo deciso di presentare un esposto alla Procura di Roma, affinché apra una indagine per “attentato alla sicurezza dei trasporti” e verifichi se l’applicazione in questione possa rappresentare un pericolo ai sensi del Codice della Strada. [.. ..] Al tempo stesso ci rivolgiamo al Ministero dei trasporti perché adotti le misure del caso a tutela degli utenti della strada, compreso – qualora necessario – il divieto totale di diffusione dell’app Pokémon GO sul territorio italiano.
E proprio sul piano della “sicurezza stradale” ha successivamente rincarato la dose anche l’Asaps:
Prima che la situazione dilaghi con conseguenze serie e preoccupanti chiediamo ai vertici delle forze di polizia e ai sindaci di intervenire con misure che intensifichino i controlli e al governo con un provvedimento che vieti in modo più severo rispetto alle previsioni dell’art.173 CdS l’utilizzo di questo gioco distrattivo quando si è alla guida, prevedendo il sequestro del cellulare per almeno un mese ed estensione del divieto di utilizzo della app anche dagli accompagnatori all’interno degli abitacoli dei veicoli, oltre che ai pedoni durante gli attraversamenti stradali anche sulle strisce. O, quantomeno, di inibire il funzionamento della app in Italia durante la guida.
Sul lato del video-giocare, tralasciando i fatti di cronaca internazionale, episodi di vero e proprio delirio collettivo e generale abbiamo avuto modo di riscontrarli anche nel nostro Paese. Come, ad esempio, la rissa sfiorata a Torino, in piazza Vittorio Veneto, tra due ragazzi per stabilire chi per primo avesse visto il “pokémon della discordia” e, quindi, potesse avvalersi del diritto di lanciargli contro la poké ball – esilarante la testimonianza di uno dei due contendenti: «No è mio, mi sono fermato apposta con la macchina per prenderlo. Non vedi che l’ho lasciata con le quattro frecce?» -. O come l’incidente avvenuto a San Paolo Bel Sito, a Nola in provincia di Napoli, dove una donna è stata letteralmente investita da un giovane che ha poi dichiarato alla polizia stradale di essersi lasciato distrarre dalla presenza di un pokémon lungo la strada.
Pokémon Go è e resta solo un mero strumento d’intrattenimento. Il problema, tutto sommato, risiede nelle mani di chi lo impugna. E queste sono congetture e riflessioni che abbiamo già avuto molte volte modo di formulare, almeno fin dai tempi del passato e (pare) dimenticato Tamagotchi. Vi è da dire, ad ogni modo, che trattasi comunque di un’applicazione che, nel caso in cui non incrementi lo sviluppo di determinati comportamenti viziosi, di certo non li depotenzia. Anche in questo caso, cercherò di spiegarmi meglio.
Un soggetto che si lascia distrarre da una apparecchiatura ludica mentre guida deve essere responsabile in prima persona di quanto commette. Il problema, a mio modesto modo di vedere, però risiede proprio in questo. Pokémon Go, proprio per come è strutturato per il suo stesso funzionamento, non depotenzia certe distrazioni, anzi potrebbe sicuramente aumentarle a causa della già citata sovrapposizione, in termini di percezione umana, della realtà virtuale su quella reale. In poche parole la distrazione potrebbe essere anche maggiormente “giustificata” in alcune situazioni. Non basta spegnere l’app: a livello inconscio vi è la consapevolezza che la realtà, che in quel frangente stiamo vivendo, potrebbe mutare se il gioco fosse acceso. Riduco nuovamente tutta la riflessione ad una banale esternazione: “Chissà quali pokémon mi apparirebbero ora se accendessi adesso il cellulare?!?”.
È naturale e legittimo affermare che la responsabilità debba essere imputata al singolo individuo che abusa della piattaforma ludica. Ci mancherebbe. Ma una riflessione sull’applicazione stessa ritengo sia doverosa farla. Purtroppo entriamo in un tema molto delicato: il precario equilibrio tra uso ed abuso. Non sostengo che Pokémon Go sia pericoloso; le stesse posizioni sopra citate mi trovano alquanto scettico. La “violenza” di questa app è minima e riconducibile ad un “consuetudinario delirio umano” che in ben altre situazioni assume vesti molto più perniciose e preoccupanti. Ma è altresì doveroso sottolineare come determinati comportamenti questa applicazione non tenda a sconfessarli.
Ad ogni modo, tutto questo mi interessa molto relativamente, se devo essere sincero: a me piace Animal Crossing. Vi lascio, da consuetudine, qualche articolo per le citazioni usate nell’articolo.
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