Agnosticismo e pratica ateista furono due componenti culturali che caratterizzarono profondamente il libertinage francese del XVIII secolo; il Systéme de la nature (1770) del Barone D’Holbach si presenta tutt’oggi, molto probabilmente, come il referente letterario di maggior peso e rilievo in seno proprio a queste tematiche. Dobbiamo sempre tenere bene a mente che il concetto di libertinismo assumeva in quegli anni il significato di una vera e propria «filosofia della liberazione» – uso nuovamente i caporali per render merito alle osservazioni di Labriola -, dove, per l’appunto, il significato della parola “liberazione” era da intendersi come affrancazione dell’uomo dalle catene dell’oscurantismo dogmatico e secolarizzato delle verità positive. Un riscatto umano che trovò la propria giustificazione, da un lato, nella formulazione della eterodossia deista e, dall’altro lato, nella diffusione delle correnti agnostiche e materialiste. E fu proprio all’interno di questa seconda corrente di pensiero che si verificò un “caso umano e filosofico” profondamente sui generis.
Tra tutti i philosophes ateisti ed anticlericali che costituirono il panorama culturale settecentesco francese, Jean Meslier (1664-1729), curato di Étrépigny – piccolo comune situato nel dipartimento delle Ardenne, all’interno della regione della Champagne-Ardenne – merita tutt’oggi una trattazione molto attenta ed una menzione profonda ed analitica. E non solo per il semplice fatto che fu un ateista razionale, pur vestendo le vesti di pastore cattolico; e nemmeno perché la sua opera, il Testament (1720 circa), fu (assieme a molte altre) emblema di quella letteratura clandestina che rispondeva al richiamo di quella tanto idolatrata filosofia militante, così cara agli illuministi francesi – basti pensare al fatto che la produzione dell’opera, da parte del curato, avvenne, per lo più, di notte, lontano da occhi indiscreti -. Sono state, invece, soprattutto le tematiche affrontate e trattate ad aver concesso al “nostro” Meslier di divenire un vero e proprio protagonista assoluto del libertinismo francese; egli ha finito con l’assumere la fisionomia di un “ponte culturale” tra le considerazioni filosofiche seicentesche e le rivendicazioni gnoseologiche che sarebbero poi state formulate in seguito, durante tutto il corso del XVIII secolo. L’agnosticismo razionale, l’anticlericalismo, la critica alla filosofia cartesiana e l’egualitarismo sociale sono tutti concetti che sarebbero poi stati ripresi, più e più volte ancora, dai filosofi a venire. Concentriamo adesso la nostra analisi sul rapporto tra Meslier e la religione – e per religione intendo sempre indicare quella secolarizzata -.
Scorrendo le pagine del Testament, è possibile scorgere il reale fondamento dell’ateismo di Meslier. Nonostante le motivazioni filosofiche, avanzate dal curato di Étrépigny – come, ad esempio, quelle concernenti le riflessioni sulla materia e sulla materialità e mortalità dell’anima, tutte speculazioni finalizzate, fra le altre cose, a sconfessare buona parte delle teorizzazioni cartesiane -, la giustificazione gnoseologica al sensismo di Meslier risiedette sempre su di un piano di legittimazione profondamente socio-politica. Dio viene sconfessato e negato, fin dalla sua stessa esistenza ontologica, a seguito dell’esistenza “empirica” della perscrutabile iniquità ed ingiustizia sociale che caratterizzano la Francia contemporanea all’illuminista francese. Sotto questo punto di vista, difatti, Meslier si rivela essere, ancora oggi, profondamente “figlio” dell’epoca dei Lumi: la sua attenzione fu sempre rivolta al piano della realtà sociale, al fine di evidenziare e portare all’attenzione della gente comune le innumerevoli barbarie ed ingiustizie che in nome di un finto Dio, secolarizzato ed oscurantista, venivano commesse abitudinariamente per le provincie e le città francesi dell’epoca.
Le tesi ateiste di Meslier – nonostante fossero (torno a ripeterlo) fondate su profonde riflessioni filosofiche – assumono il grido di rabbia di un uomo illuminato che è costretto giornalmente ad assistere impotente a vessazioni e violenze arrecate, senza pietà alcuna, nei confronti della povera gente. La filosofia militante del curato trova, dunque, sfogo e legittimazione in questa dinamica filosofica: far comprendere e diffondere tra le masse l’inesistenza di Dio e della tanto decantata “vita dopo la morte”, di modo che il popolo possa finalmente svegliarsi e destarsi – anche violentemente – per porre fine al giogo della sottomissione e della tirannia. E per raggiungere questo obiettivo, l’illuminista non solo si limitò a negare filosoficamente l’esistenza di Dio – per i sopracitati chiari motivi ed interessi di natura socio-politica -, anzi, al contrario, evidenziò sempre i legami opportunistici esistenti tra la religione secolarizzata, la classe politica ed il clergé. Ateismo ed anticlericalismo furono, sempre e comunque, concetti complementari nell’agnosticismo di Meslier:
[.. ..] infatti, poiché alcuni volevano ingiustamente comandare sui loro simili e altri pretendevano di essere reputati santi e talvolta persino vere e proprie divinità, essi, gli uni e gli altri, si sono abilmente serviti, non solo della forza e della violenza ma anche di ogni tipo di espedienti e di frodi per ingannare il popolo al fine di raggiungere più facilmente i loro scopi; così tutti questi sottili ed astuti politici, approfittando della incapacità, credulità ed ignoranza dei più sprovveduti e dei meno illuminati, hanno fatto credere facilmente tutto ciò che hanno voluto; li hanno spinti quindi ad accettare con rispetto e sottomissione, per amore o per forza, tutte le leggi che hanno voluto imporre loro. [.. ..] Ecco, al tempo stesso, l’origine e la fonte di tutti questi pomposi titoli di signore, principe, re, monarca, i quali tutti, col pretesto di governarvi in qualità di sovrani, vi opprimono invece da tiranni: così, con la scusa del bene comune, vi tolgono tutto ciò che avete di più bello e di più buono e, col pretesto di aver ricevuto la propria autorità da un qualche essere soprannaturale, si fanno obbedire, temere e rispettare come divinità essi stessi. [.. ..] Ecco, ugualmente, la fonte e l’origine di tutte queste prerogative considerate sacre e inviolabili e legate all’autorità ecclesiastica e spirituale che i vostri preti ed i vostri vescovi si arrogano su di voi: sono essi, che col pretesto di offrirvi i beni spirituali di una grazia e di una benevolenza tutta soprannaturale, vi privano astutamente di beni incomparabilmente più solidi e reali di quelli che essi fingono di volervi dare; e che, col pretesto di volervi condurre al cielo e di farvi godere lì una felicità eterna, vi impediscono di godere tranquillamente di qualunque autentica felicità sulla terra; infine, son sempre loro che, col pretesto di volervi tener lontani, nell’altra vita, dalle pene immaginarie di un inferno che non esiste, così come non esiste quell’altra vita eterna, cui legano i vostri timori e le vostre speranze, senza alcun vantaggio per voi ma non certo senza profitto per loro, vi costringono a soffrire in questa vita, la sola che possiate pretendere, le pene reali di un vero e proprio inferno. [.. ..] La religione appoggia il potere politico per ingiusto che possa essere; e a sua volta, il governo, appoggia la religione per sciocca e inutile che sia. Da un alto i preti, che sono i ministri della religione, raccomandano, usando come spauracchio la dannazione eterna, di obbedire ai magistrati, ai principi e ai sovrani, come a uomini posti da Dio a governare i loro simili; dall’altro i prìncipi fanno rispettare i preti, fanno offrir loro buoni appannaggi e rendite consistenti e lasciano che essi continuino a dedicarsi alle inutili ed abusive funzioni connesse al loro falso magistero, costringendo il popolo a considerare sacro tutto ciò che essi fanno e impongono agli altri di fare e di credere, usando come pretesto la religione e il culto divino. [.. ..] Ah! Miei cari amici, se conosceste veramente l’inconsistenza e l’assurdità degli errori di cui vi si nutre, prendendo a pretesto la religione, e se conosceste quanto ingiustamente e indegnamente si abusa dell’autorità di cui ci si è impadroniti a vostre spese, col pretesto di governarvi, non provereste se non disprezzo per tutto ciò che vi si fa adorare e rispettare, e sentireste solo odio e sdegno per tutti coloro che vi ingannano, che vi governano così male e vi trattano così indegnamente.
Se la pratica ateista ed agnostica si fondava su sì delle riflessioni filosofiche, ma con l’intento poi di porre in essere concreti e pragmatici cambiamenti socio-politici – come “da tradizione” in seno alla filosofia militante settecentesca -, l’anticlericalismo di Meslier – ma potremmo tranquillamente dire “l’anticlericalismo illuminista lato sensu” – possedeva anch’esso questo esatto duplice riscontro gnoseologico: giustificazione filosofica, da una parte, e sua consequenziale applicazione socio-politica, dall’altra. Dobbiamo sempre ricordare che il clergé, nella Francia del Settecento, ricopriva vaste e massicce funzioni sociali e politiche, oltre a svolgere continue ingerenze negli affari istituzionali e di Stato – moltissime delle battaglie libertine, mosse sui più svariati fronti (dalla riforma del sistema parlamentare a quello del codice penale, ad esempio, tanto per citarne due), ebbero sempre come “nemico” il conservatorismo della classe sacerdotale; un attore sociale fermo, immobile e sempre ben deciso al mantenimento dello status quo -. La negazione di Dio e la diffusione della logica ateista dovevano servire anche per promuovere una vera e propria rivoluzione nell’impianto sociale della Nazione stessa. Rivoluzione che doveva tradursi in una rivisitazione dell’importanza e del ruolo (ridimensionato) da attribuire al clero medesimo. Rivoluzione che doveva tradursi nell’abolizione de facto del clergé:
Quand’anche tutti i monaci e tutti i preti celebrassero ognuno venti, trenta e persino cinquanta messe al giorno, tutte queste insieme non varrebbero un chiodo, come si dice abitualmente. Un chiodo è utile e necessario e non si potrebbe farne a meno in svariate occasioni, ma tutte le preghiere, le orazioni che i monaci e gli altri preti potrebbero dire, non servono a nulla e servono solo a far guadagnare denaro a coloro che le dicono. Un buon aratore produce col suo aratro più di quanto gli sia necessario per vivere, mentre tutti quanti i preti messi insieme non saprebbero contribuire (nonostante tutte le loro preghiere e i loro presunti santi sacrifici) a produrre un solo chicco di grano, né saprebbero fare qualcosa che fosse della più piccola utilità per la società. Le più modeste professioni sono utili e necessarie in tutte le società; persino quella degli attori comici e dei suonatori di flauto e di violino ha il suo merito e la sua utilità. Infatti, coloro che esercitano questo mestiere hanno il merito, perlomeno, di rallegrare e far divertire il popolo. [.. ..] Ma la professione dei preti e in particolare quella dei monaci non è che un mestiere fatto di false credenze, di superstizioni e di imposture; ragion per cui una simile professione non solo non dovrebbe essere considerata utile e necessaria in una buona società ma, al contrario, dovrebbe essere considerata come nociva e dannosa. Perciò, invece di pagare così lautamente coloro che fanno un tale mestiere, bisognerebbe piuttosto interdire loro completamente tutte le superstiziose e le abusive funzioni del loro ministero e obbligarli senza indugio a dedicarsi ad onesti e utili lavori come fanno gli altri.
I contributi culturali e filosofici di Meslier non si esauriscano certamente qui: l’egualitarismo sociale, la concezione della materia e le riflessioni formulate circa la materialità e la mortalità dell’anima umana et similia sono tutte speculazioni filosofiche degne di essere affrontate. Ma, dovendo fare i conti con i limiti “spaziali” imposti dalla natura stessa di questa piattaforma virtuale, saranno affrontati, ammodo, in altri articoli a parte.
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