MORELLA.


«Questo è il giorno dei giorni», mi disse allorché mi avvicinai a lei; «il giorno fra tutti, sia per vivere che per morire. È un giorno bellissimo per i figli della terra e della vita… ma quanto più bello per le figlie del cielo e della morte!»

I sentimenti sono labili. Labili e legittimati, al contempo, da un qualcosa di assolutamente irrazionale. Un qualcosa che trascende l’umana comprensione ed il razionale discernimento degli stessi. Sia per quanto ne concerne l’aspetto più “puro” e “misericordioso”. Sia per quanto riguarda tutto ciò che di terribile e malvagio essi stessi sono in grado di produrre. Sono fondati su di un qualcosa di atavico. Un qualcosa che, in modo apriorico, possiede la capacità d’imporsi sulla volontà e sulla razionalità dell’uomo. Il rapporto di profondo amore tra il Poe narratore e la dolce Morella, infatti, testimonia proprio questo. L’irrazionalità dei rapporti sentimentali. Dove il disagio ed il terrore riescono a far breccia anche nel più sincero dei legami:

Ma era venuto il tempo in cui il mistero dell’atteggiamento di mia moglie mi opprimeva come un sortilegio: non riuscivo più a sopportare il tocco delle sue esili dita, né il tono sommesso della sua musicale favella, né lo sfavillio dei suoi occhi malinconici. […] Dovrò dunque dire che attendevo con un desiderio ansioso, divorante, il momento del trapasso di Morella?

Quanto risulta essere non comprensibile all’interno dei sentimenti umani, mostra il proprio lato più terrificante nell’incapacità per la mente dell’uomo di elaborare l’assoluto mistero che dà forma alla realtà circostante. Ancora una volta, l’atmosfera, che Poe riesce a suscitare attraverso il suo stile e le sue descrizioni, è profondamente coinvolgente:

Ma ben presto il paradiso di un così puro affetto si oscurò e su di esso si addensarono nubi di afflizione, di orrore, di amarezza. Ho detto che la bambina cresceva stranamente in statura e intelligenza. Strana in verità era la rapida crescita delle sue forme corporee, ma terribili, oh! terribili erano i pensieri tumultuosi che si affollavano entro di me mentre io osservavo lo sviluppo del suo essere mentale. […] Che il suo sorriso fosse identico a quello della madre ancora potevo sopportarlo; ma subito rabbrividivo a quella troppa perfetta identità.

Anche il fatto stesso dell’incapacità da parte del povero padre di trovare un nome alla propria figlia è indicativo dello stato d’animo di profondo smarrimento e disagio verso cui la paura e l’irrazionalità riescono a trascinare la mente dell’uomo. Vi è la certezza nel vedovo – una certezza tanto percettiva quanto sensoriale – che si tratti, per davvero, della povera consorte defunta! Ma non si riesce a comprendere fino a che punto tale consapevolezza sia legittimata dall’incredulità per quanto esperito sensibilmente – «quella troppa perfetta identità» – rispetto, invece, al mero terrore, provato nel percepire quelle medesime terrificanti e del tutto illogiche manifestazioni.

La morte della figlia pone il protagonista all’interno di un vortice di dubbi, angosce e misteri del tutto inspiegabili ed irrisolvibili:

[…] io la calai nella tomba, e risi di un lungo amaro riso quando, nella cappella funebre dove avevo deposto la seconda, non trovai più alcuna traccia della prima Morella.

Dubbi, angosce e misteri che fanno ecco alle parole della morente moglie:

E quando il mio spirito si sarà dipartito, la creatura vivrà: la tua creatura e la mia, la creatura di Morella. Ma i tuoi giorni saranno giorni di dolore, di quel dolore che è il più duraturo dei sentimenti […]. Infatti le ore della tua felicità sono terminate , giacché la gioia non si raccoglie due volte nella vita […].

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