Tutto è mediatico, oramai. Facciamocene una ragione. Qualsiasi evento, anche il più banale, è degno di venire ripreso. Di venire postato sulle piattaforme virtuali. Perché, al giorno d’oggi, ciò che ci qualifica come esseri umani e ciò che ci permette di auto-riconoscere noi stessi come persone “importanti” o “degne di apprezzamento e attenzione” è il numero di likes e di followers. Quasi che la meta ultima di un’intera esistenza terrena sia divenuta quella di tramutarsi in influencers – termine che ancora non riesco perfettamente ad inquadrare… a patto che lo stesso non sia divenuto sinonimo di “avanguardia”… in tal caso l’umanità sarebbe pericolosamente prossima ad una estinzione tanto voluta quanto dannatamente necessaria! -.
Quanto successo a Ferrara lo scorso 4 Giugno è soltanto l’ultimo di una infinita serie di eventi che ha come fulcro portante la dilagante disumanità dei nostri tempi. Siamo di fronte a scenari che, oramai, non sorprendono nemmeno più. Come dicevo, accadimenti di questo tipo abbondano in ogni luogo. Da situazioni di bullismo riprese e postate sul Web a vere e proprie stragi filmate e caricate su Internet. Il tutto forse nella deviata e macabra “speranza” che diffusione, fama virtuale ed eternità mediatica possano dare un senso a cotanta ignoranza, malvagità ed inutilità esistenziale.
Quando l’insegnante elementare ed istruttrice di pallavolo Lara Breda si ferma per soccorrere un anziano di settant’anni colto da malore ed in risposta alla sua incessante richiesta di aiuto nota solo passanti intenti a riprendere col cellulare quanto di tragico si sta palesando – cfr. link a fondo pagina -, ecco come l’umanità decide, nuovamente e volontariamente, di lasciarsi precipitare nell’abisso. Ancora. Senza che da parte della stessa prenda vita alcuna richiesta di aiuto, in quanto consapevole delle sue scelte e grata – diabolicamente! – delle medesime.
Siamo passati da scenari preoccupanti ma innocui, in cui le piattaforme andavano privando l’osservatore di turno di una piena, pura e genuina comprensione di qualsivoglia manifestazione si svolgesse tutt’attorno – mi si perdoni, ma ancora oggi dovete spiegarmi il significato di comportamenti come quello di andare ad un concerto e “vivere lo stesso” non in prima persona ma attraverso la ripresa del suddetto per mezzo di un tablet – a situazioni in cui tutto ciò che può essere ricondotto a virtù, empatia, affettività e bontà d’animo viene volontariamente sacrificato a favore di un “pollice blu” su Facebook o per l’ottenimento di un “cuoricino” su Instagram.
La domanda che sorge (nemmeno spontanea ma dannatamente in modo naturale) è: “Come è possibile porsi in tale maniera dinanzi a situazioni di questo tipo?”. Per davvero: “Come potete preoccuparvi di prendere il cellulare e collegarvi ad Internet per postare un video, quando dinanzi a voi si palesano scenari in cui la vita di una persona si trova in pericolo o è messa a serio rischio?”.
Possiate mai avere bisogno del vostro prossimo. Possiate mai necessitare di una qualsiasi forma di empatia o di legame affettivo con chi si trova al vostro fianco. Privi di ogni morale, etica e considerazione simpatetica verso la Vita. Tristezza ed estinzione. Soltanto questo.
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