«Non altrimenti, dissipate le nuvole della mestizia, bevvi con gli sguardi la luce del cielo, e ricuperai la memoria per riconoscere il sembiante della medica. Com’ebbi pertanto verso lei drizzati gli occhi, osservatala attentamente, ravvisi la mia nutrice, né cui lari aveva io praticato fin dall’adolescenza: la Filosofia. – E a che, dissi, o maestra di tutte le virtù, sei calata dalle soglie superne e venuta a rintracciarmi in queste solitudini del mio esilio? Per esser forse al pari di me perseguitata da false accuse? -. Ella rispose: – E potevo, o alunno, abbandonarti nelle molestie che soffri per invidia del mio nome e non partecipare al comune travaglio? Era forse cosa onesta per la Filosofia lasciare solo e senza compagnia un innocente nel suo viaggio? Si sarebbe creduto ch’io temessi appunto d’incorrere in quelle tali accuse, quasi io dovessi paventarle come una sventura nuova che fosse per accadermi. Apprendi dunque ora soltanto che la sapienza è insidiata da pericoli per opera dei malvagi? Anticamente, prima del mio Platone, non ebbi a combattere spesso grandi battaglie contro la presunzione degli stolti?»
S. Boezio, De Consolatione Philosophiae (523 d.C.).
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