A. Peruzzi, Scienza per la democrazia. Affinità elettive, conflitti, necessità della formazione. (2009). Ricordati di votare l’articolo, se vuoi, utilizzando il tasto rate this all’inizio del post.«Potete sfruttare questo spazio o snobbarlo, potete esercitare il diritto a capire o lasciarlo perdere. É uno spazio scomodo, che si presta a essere sfruttato in vario modo. Ma è grazie alla scomoda riflessione di tanti che non ci sono più ma i cui pensieri sono vivi, che vi ritrovate una democrazia. Potete decidere di vivere con intelligenza o come zombi. Se vi va bene il clan e trovate la vostra identità solo nel condividere le mode (nel vivere, nel parlare, nel vestirsi, nel pensare), nell’essere tutt’uno con chi ha i vostri stessi gusti, nell’avere anche voi le cose che bisogna assolutamente avere, non saranno i filosofi a impedirvelo. Se pensate che al di là di questo ci sia solo un’isola inaccessibile, quella della vostra interiorità che nessuno sfortunatamente capisce e che è fatta tutta di emozioni, sentimenti e intuizioni che a una realtà crudele non interessano, siete liberi di chiudervi in voi stessi, disprezzando la naturale banalità del mondo. Se provate gusto a svalutare la filosofia, ad esibire gli ultimi gadget tecnologici o a mostrare degnazione verso la scienza che si riduce a sfornare questi gadget, accomodatevi. Dubito che ne avrete un qualche vantaggio duraturo. Dubito che questo sia il modo migliore di impiegare il tempo concesso tra la nascita e la morte. Se si vuol capire qualcosa bisogna uscire dal clan, dal gruppo, dalla tribù, dalla community e allo stesso tempo non chiudersi in un’isola monoposto: mica facile. Non è facile per nessuno. Ci vuole umiltà, perseveranza, coraggio, fantasia, esercizio del pensiero. Prima o poi ci si chiede perché le cose sono come sono, come dovrebbe essere la società in cui vorremmo vivere, e persino che senso ha o intendiamo che abbia, la nostra vita, che posto hanno in tutto ciò i valori della democrazia e della scienza. Sono domande filosofiche, non cruciverba preconfezionati da riempire in un modo che qualcun altro ha già stabilito per noi, lui premuroso e noi riconoscenti. Sono spie di un piccolo fatto: che ci siamo messi a pensare e siamo disposti ad affrontare gli inconvenienti che ne derivano. Se non riflettiamo sul senso dell’avventura umana, sarà un’avventura disumana.»