ALCUNI TRATTI FONDAMENTALI DEL LINGUAGGIO STOICO.


La premessa dalla quale dobbiamo partire è l’individuazione del campo d’interesse gnoseologico. Lo stoicismo, difatti, si palesa essere come un movimento filosofico e spirituale rivolto allo studio e alla comprensione del linguaggio, in primis, e dell’etica, in secundis. Affrontiamo, intanto, la prima argomentazione.

Il linguaggio viene diviso tra “retorica” e “dialettica”. La retorica è l’arte del “saper parlare bene” ed è finalizzata alla persuasione e all’ottenimento del consenso. Si tratta di un campo d’interesse che non desta particolare attenzione negli stoici. Al contrario, la dialettica investe l’individuazione, la spiegazione e la comprensione del lekton – “ciò che è detto” -, ovvero della vera e propria tematica esposta all’interno di una trattazione. È nei riguardi del discernimento di “quanto esposto e/o dichiarato” che gli stoici rivolgono i propri sforzi epistemologici. Segue da tutto ciò l’attenzione per la predicazione e l’analisi del periodo.

Una predicazione può assumere le seguenti forme:

  • “completa”: qualora non vi sia alcun referente dell’azione espressa – ad esempio, “corre” -;
  • “incompleta”: qualora, al contrario, venga esplicitato chi compie o subisce l’azione espressa dal predicato – ad esempio, “Paolo corre” -. Le predicazioni di questo tipo, a loro volta, possono dividersi in quattro categorie: asserzioni, preghiere, esortazioni e domande. La maggior parte degli studi verte sull’analisi delle asserzioni.

Una asserzione può essere distinta in “semplice” e “composta”. La differenza è facilmente intuibile attraverso una elementare analisi del periodo: le asserzioni semplici, infatti, si costituiscono della sola principale, mentre quelle complesse richiedono, ovviamente, almeno una subordinata. Una asserzione composta è generalmente costituita da una principale e da una subordinata ipotetica o (molto banalmente) congiuntiva (o disgiuntiva). Una asserzione semplice può caratterizzarsi, invece, per essere:

  • “determinata”: quando abbiamo un soggetto determinato, “questo uomo corre”;
  • “indeterminata”: quando abbiamo un soggetto indeterminato, “un uomo corre”;
  • “media”: quando abbiamo un soggetto definito, “Paolo corre”.

Per quanto concerne le asserzioni composte, nello stoicismo possiamo individuare i cosiddetti cinque sillogismi “anapodittici” che, in poche parole, esauriscono ciò che euristicamente può venire provato in ambito dialogico. Prendiamo in considerazione i seguenti esempi:

  1. se A, allora B → ma A, dunque B – “se piove, prendo l’ombrello ma piove, dunque prendo l’ombrello” -;
  2. se A, allora B → ma non B, dunque non A – “se piove, prendo l’ombrello ma non piove, dunque non prendo l’ombrello” -;
  3. o A o B → ma A, dunque non B – “o è giorno o è notte ma è giorno, dunque non è notte” -;
  4. o A o B → ma non B, dunque A – “o è giorno o è notte ma non è notte, dunque è giorno” -;
  5. non A e B → ma A, dunque non B – “non è giorno ed è notte ma è giorno, dunque non è notte” -.

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