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L’argomento della reminiscenza consente a Socrate di sviluppare due interessanti riflessioni. Da una parte, infatti, il filosofo sottolinea nuovamente – pur non giungendo ancora a dare di essa una spiegazione filosofica – come l’immortalità dell’anima debba essere intesa nella sua concezione di “eterna indistruttibilità”. Dall’altra parte, l’argomentazione permette a Socrate d’introdurre una vasta riflessione sulle idee e sul rapporto che sussiste tra le stesse e l’anima medesima. Innanzitutto, però, dobbiamo cercare di comprendere in che cosa consista questa “reminiscenza” socratica.
Prendiamo in considerazione quanto esposto in modo diretto dallo stesso Socrate. Il filosofo, difatti, sostiene che quando ci troviamo nell’atto di percepire una data particolarità, può capitare che la stessa veicoli la nostra mente a volgere l’attenzione su di un’altra particolarità. Il tutto deve essere interpretato sotto due precise chiavi di lettura: esiste una similitudine tra la particolarità A e la particolarità B ed il percepire A può portare a rammentare B. Questo è ciò che Socrate intende affermare: se percepire una oggettualità può anche implicare il ricordare un’altra oggettualità ad essa collegata, allora è necessario accettare il fatto che tale particolarità rimembrata sia stata conosciuta in precedenza dal percipiente stesso. Esemplifichiamo il tutto:
sto percependo A
↓
nel mentre in cui vado percependo A, la mia attenzione si sposta su B
↓
questo significa che è probabile esista un legame di somiglianza tra A e B
↓
in ogni caso, mi rendo conto di conoscere B altrimenti nei suoi riguardi non verrebbe rivolta la mia attenzione
↓
mi ricordo, dunque, di B
Socrate, a questo punto, afferma un qualcosa di particolarmente importante. Quando, percependo una particolarità, mi accorgo che la mia attenzione verte su di un’altra particolarità ad essa simile, è fondamentale cercare di evidenziare in che cosa la particolarità rimembrata differisca da quella che si trova nell’atto del percepire. Facciamo un esempio. Immaginiamo di stare osservando il volto di un amico. Il percepire il suo viso può veicolare la nostra attenzione a rimembrare l’amico in sé. Ma questo “amico in sé” non esaurisce la propria essenza nel volto che sto percependo. Senza contare il fatto che vale quanto esposto poc’anzi: vi è una somiglianza tra le due oggettualità e sto rimembrando un qualcosa di cui ho una apriorica conoscenza. Adesso riprendiamo quanto detto all’inizio dell’articolo e vediamo di comprendere come l’argomentazione inerente la reminiscenza permetta a Socrate di ribadire quanto detto in ambito di argomento ciclico e di avviare l’argomentazione sulle idee. Partiamo proprio da quest’ultimo punto.
Socrate fa un esempio molto semplice. Prendiamo un rametto e spezziamolo in due parti. Ragioniamo adesso circa l’essere uguali dei due pezzetti di legno. Potrebbe darsi che due interlocutori si trovino d’accordo sul ritenere i due pezzetti di legno uguali, così come potrebbe anche accadere che ciò non avvenga e/o che magari subentri un terzo percipiente ad affermare il perfetto contrario di quanto sostenuto dagli altri due. In breve, sostiene Socrate, quando focalizziamo la nostra attenzione gnoseologica su di una particolarità sensibile, dobbiamo comprendere, in primis, come sia la percezione che il giudizio espresso sulla stessa siano relativi e, in secundis, come la vera intellezione risieda altrove. Infatti, il ragionare attorno al concetto di “uguaglianza” è sicuramente legittimato dalla percezione esperita sulla particolarità sensibile ma, da un punto di vista intellettivo, non è in essa che si esaurisce. Ragionare sull’uguaglianza significa ragionare attorno all’idea di uguaglianza, ovvero attorno a “ciò che è uguale in sé, per sé ed in senso stretto”. Da un punto di vista squisitamente gnoseologico, quindi, la particolarità eidetica – l’idea di uguaglianza – è la vera particolarità intellettiva verso cui volgere la propria attenzione e dalla quale attingere conoscenza: la particolarità sensibile, al contrario, è una copia che “imita” e “partecipa” a quella eidetica che, a sua volta, rappresenta la causa sia sostanziale – non esiste l’uguale senza l’idea di uguaglianza – che “cognitiva” – il ragionare attorno alla possibile uguaglianza dei due pezzetti di legno funge da predittore alla rilevazione della particolarità eidetica – del sensibile. In questo consiste la trascendenza platonica del Mondo noetico su quello sensibile. E si tratta dell’ampia argomentazione che Socrate svilupperà immediatamente dopo la trattazione sulla reminiscenza. Ecco, appunto, torniamo alla reminiscenza.
Stando a quanto detto poc’anzi, se un individuo ragiona attorno alla possibilità o meno che i due suddetti pezzetti di legno siano uguali, significa che lo stesso fosse già a conoscenza dell’idea corrispondente – l’idea di uguaglianza, per l’appunto -. Questa intuizione serve a Socrate per affermare quanto segue. Quando il corpo muore e l’anima si separa dal corpo, nella stessa restano vive le conoscenze già esperite in vita. Le quali possono venire “ricordate” – sempre tramite l’esperienza -, una volta che l’anima si è nuovamente reincarnata. Si tratta, dunque, di accettare come il processo di unione e di separazione dell’anima dal corpo debba essere inteso come un qualcosa che ciclicamente si ripete all’infinito. Ma, nuovamente, ribadiamo come una simile eterna indistruttibilità non sia ancora stata spiegata appieno dal filosofo – dovremo attendere la fine del dialogo per questo -.
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