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Il “rinvenire” (Vorfinden) il proprio io, stando a quanto sostiene Husserl, anticipa e precede ogni forma di pensiero raziocinante. Compreso quello scientifico. Si tratta di una percezione immediata ed aprioristica nei confronti di qualsivoglia processo di elaborazione mentale. Al “rinvenire” il proprio io ed il proprio corpo vivo, il filosofo associa il verbo “esperire” – altro termine di grande rilievo nella filosofia husserliana -. L’atteggiamento percettivo naturale, ovvero la nostra disposizione naturale a porre in essere delle percezioni, coincide con quello dell’esperienza sensibile, tramite il quale ciascun individuo esperisce sé stesso, gli oggetti che costituiscono l’ambiente che lo circonda e gli alter ego a lui prossimi. L’esperire, ovvero il muoversi tramite esperienze percettive, implica la capacità e la possibilità di esporre dei giudizi. Ma, già qui, dobbiamo tenere in considerazione una rilevante puntualizzazione fornitaci da Husserl.
Ogni io, infatti, esprime giudizi su ciò che risulta essergli già “dato”. Gli oggetti sensibili, come abbiamo già visto, esistono, indipendentemente dal nostro percepirli o meno. Questo significa che il giudizio verterà sempre e comunque su di un qualcosa che è già, aprioristicamente, dato al Mondo, senza che il tipo di esperienza, che abbiamo svolto per percepirlo, ne possa inficiare l’imprescindibile esistenza. Ovviamente, il giudizio strincto sensu non può (ontologicamente) alienarsi dal dover considerare quel medesimo oggetto sensibile come esistente de facto. Tutto questo costituisce, nel pensiero husserliano, la cosiddetta «evidenza della tesi d’esperienza», la quale è generale ed imperfetta. Infatti, come afferma lo stesso filosofo: «ognuno sa che l’esperienza può ingannare, sa che egli ha sì, seguendo l’esperienza, il diritto di formulare enunciati, ma sa anche, tuttavia, che ciò che è esperito può non essere reale.» Ma, ad ogni modo, il punto zero dell’esperire – ovvero dell’atteggiamento naturale dell’esperienza – resta lo stesso. Vi è la consapevolezza, infatti, che, indipendentemente, dai valori che attribuisco alle “tesi d’esperienza”, il rinvenire il mio io sarà sempre un qualcosa di assolutamente certo e reale.
Ma non esiste solo l’esperire. Ovvero, ciascun io non si limita solo a descrivere i contenuti delle proprie esperienze. Accanto alla “descrizione” vi è anche la “conoscenza”. Se, invece, di limitarci a descrivere quanto percepito, volessimo conoscere scientificamente l’oggetto sensibile, allora ci dovremmo affidare alla scienza empirica. La scienza empirica è la “scienza dell’atteggiamento naturale”. La dinamica risulta essere la seguente, quindi:
Atteggiamento naturale ≡ atteggiamento dell’esperienza
Atteggiamento dell’esperienza ⇒ esperire ⇒ descrizione
Atteggiamento dell’esperienza ⇒ scienza dell’atteggiamento naturale ⇒ conoscenza
La “scienza fisica naturale” è la scienza che studia la datità sensibile. Ovvero ha come oggetto di analisi tutto quello che è “già dato” e risulta essere stato percepito durante l’esperienza dell’atteggiamento naturale. Come già detto, sono “cose” che esistono in sé, si modificano (o non) secondo precise leggi e godono di una specifica collocazione spazio-temporale. Il modo tramite il quale questi oggetti si manifestano e vengono percepiti sono molteplici. Salvo situazioni idealistiche – la “normalità” husserliana – le percezioni dei percipienti saranno sempre distinte, le une dalle altre.
Anche gli alter ego – gli altri “io” a me estranei – fanno parte della datità fisica. Ma, come già detto in precedenza, essi vengono colti ed interpretati in modo empatico. Ma in seno allo studio sull’intersoggettività, Husserl “sfrutta” la psicologia.
Se la “scienza fisica naturale” spiega la datità tramite leggi causali, la psicologia, dal canto suo, descrive le personalità umane tramite una “legalità causale”. Ma occorre, certamente, un minimo di chiarezza epistemologica. Quando sosteniamo che la scienza naturale studia gli oggetti sensibili, intendiamo dire che ne studia le proprietà, le caratteristiche, le (eventuali) trasformazioni, ecc. In pratica, “tutto ciò che si manifesta nella manifestazione fisica dell’oggetto medesimo”. Ma non le manifestazioni fisiche stesse – ovvero, quindi, i vissuti dell’oggetto –. In egual modo, quando affermiamo che la psicologia studia le personalità umane, vogliamo dire che ne coglie gli stati e le disposizioni – fisse o alterne – delle stesse. E non le manifestazioni nelle quali queste personalità si affermano. Per Husserl, anche le manifestazioni fisiche appartengono, in un certo qual senso, alla mera psicologia. Ovvio che sussista sempre una differenza evidente tra, ad esempio, il modo in cui una personalità si manifesta ai miei occhi (manifestazione psichica) ed il modo tramite il quale io descrivo quel particolare alter ego (manifestazione fisica). Ma ragioniamo attorno a questa dinamica, per un momento: la mia coscienza percettiva è un vissuto del mio io, così come le coscienze percettive degli altri io, a me estranei, sono i vissuti degli alter ego. Dunque la percezione di una manifestazione fisica rimanderà sempre (anche) alla psicologia, dato che i vissuti (stati e disposizioni) ne sono “coinvolti”.
Dunque, all’io Husserl affianca anche l’io “psichico”. Anch’esso è legato al corpo vivo; da quest’ultimo dipendono, inevitabilmente, sia l’esistenza sia il modo di presentarsi degli atti psichici. L’io psichico è, ovviamente, connesso alle coordinate spazio-temporali dell’ambiente circostante. Tutto ciò che è psichico, infatti, gode di una precisa collocazione spazio-temporale. Non si tratta di un’aporia. Un atto psichico ha un’estensione spaziale perché il corpo vivo stesso gode sempre di un’estensione nello spazio – la chiave di lettura è l’espressione “io sono qui” -. Nello stesso identico modo, tutto ciò che è psichico si avvalora anche di un riferimento nel tempo perché ogni corpo vivo è temporalmente “ordinato” – la chiave di lettura è l’espressione “io esisto ora” -. Con il termine allnatur, Husserl indica la “totalità della Natura” ovvero tutto ciò che raccoglie ogni esistenza spazio-temporale.
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