Articolo correlato: CRANE E L’INTENZIONALISMO.
Articolo correlato: OGGETTO O CONTENUTO?
Articolo correlato: RIFLESSIONI SUL DUALISMO IN CRANE.
Articolo correlato: DALL’ANTIRIDUZIONISMO ALL’EMERGENTISMO.
A fianco dell’intenzionalismo – secondo il quale ogni stato mentale si costituisce, per l’appunto, di intenzionalità -, Crane menziona anche il “non intenzionalismo”, dottrina per la quale non tutti gli stati mentali debbano, per forza di cose, presentarsi come intenzionali. In genere, gli stati intenzionali sono costituiti da contenuti proposizionali. Crane evidenzia come le sensazioni – ad esempio, il dolore – e/o le stesse impressioni ascrivibili ai sensi, non abbiamo un contenuto proposizionale e siano formate da contenuti “qualitativi/mentali” di altro tipo. Ma la distinzione tra contenuto proposizionale (intenzionalismo) e contenuto non proposizionale (non intenzionalismo) non è esclusiva per il filosofo – motivo per il quale l’intenzionalismo non può venire denigrato a priori -; molte esperienze percettive, infatti, pur essendo profondamente “qualitative”, presentano anche un contenuto proposizionale: possiamo udire un vetro che si rompe così come possiamo odorare un pasto venire cucinato, ad esempio. Con l’aggettivo “qualitativo”, dunque, Crane descrive quegli stati mentali il cui contenuto rimanda alle sensazioni corporee. Tutto è accomunato dal termine “fenomenico”: pensieri, sensazioni, atteggiamenti proposizionali, emozioni e via discorrendo, sono tutti stati mentali che possiedono un carattere fenomenico, ovvero sono capaci di far provare un “qualcosa” quando vengono “vissuti”. Gli stati mentali “qualitativi” sono definiti qualia – proprietà non intenzionali come dolori, paure, pruriti et similia -.
Quindi riassumendo:
- con “qualitativo” intendiamo indicare le proprietà e le caratteristiche della percezione sensoria e/o corporea;
- con “fenomenico” ci riferiamo a tutto ciò che è “fenomenicamente cosciente” e che suscita un qualcosa grazie al semplice fatto di vivere quello stato mentale medesimo;
- con “quale” ci rivolgiamo alla proprietà non intenzionale di uno stato mentale (per l’appunto) qualitativo.
I qualia negano l’intenzionalismo? Ovvero: “In caso di assenza dei qualia, l’intenzionalismo potrebbe spiegare questi stati mentali qualitativi (ovvero non intenzionali)?”.
Soffermiamoci sul dolore come proprietà qualitativa di uno stato mentale non intenzionale. Secondo Crane la “difesa” alla teoria dell’intenzionalismo trova la propria ragione d’essere in una corretta comprensione sia del fenomeno – il dolore – sia della sua stessa localizzazione sul corpo. La localizzazione di una sensazione corporea non deve essere necessariamente precisa: la nausea, ad esempio, può investire più parti e regioni del corpo, ma, ad ogni modo, viene percepita essere “all’interno del corpo”, per l’appunto. Per fare in modo – attraverso la localizzazione – che l’intenzionalità possa spiegare un quale e, quindi, non venire preclusa dagli stati qualitativi, è opportuno verificare se la stessa sia in grado di descrivere i tre perni fondanti l’intenzionalismo medesimo: oggetto, modo intenzionale e contenuto. Prendiamo in considerazione un dolore alla caviglia.
L’oggetto intenzionale è la caviglia ed essa viene presentata al soggetto dello stato mentale in una determinata maniera. Ad esempio: nonostante si costituisca di ossa e legamenti, la forma del dolore non viene “mostrata” sotto una tale fisionomia: l’aspettualità di una sensazione corporea consiste nel far sì che la stessa si presenti in una determinata maniera – di volta in volta diversa e tale da escludere, tra le altre cose, tutte le altre forme -. Il modo intenzionale è rappresentato da come percepiamo la caviglia dolorante. Indica, in sintesi, la maniera tramite la quale “sentiamo” il dolore. Potremmo riassumere, dunque, il tutto affermando che, nonostante si tratti, di una proprietà qualitativa, i tre elementi di cui sopra siano presenti e fondamentali per lo stato mentale stesso: avere un dolore alla caviglia significa anche ammettere che lo stesso venga “individuato intenzionalmente dalla caviglia medesima”, ovvero che quest’ultima lo individui intenzionalmente. Lo stesso ragionamento lo potremmo applicare anche nel caso in cui l’oggetto – la caviglia – fosse inesistente – la cosiddetta teoria dell’arto “fantasma” -. Qualora anche l’oggetto del dolore non esistesse, il dolore continuerebbe ad essere intenzionale dato che il corpo si dirigerà intenzionalmente verso la sensazione medesima.
Ricordati di votare l’articolo, se vuoi, utilizzando il tasto rate this all’inizio del post.