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Come abbiamo già potuto precedentemente constatare, le manifestazioni fisiche sono, in parte, quasi sempre rivolte alla psicologia; è necessario, allora, affiancare all’apriori naturale – ed alla datità fisica – anche un apriori psichico (ed una datità dello stesso tipo). Si tratta di dover ammettere che l’esperienza egologica del percipiente implichi che lo stesso sia immerso non solo nella molteplicità degli oggetti sensibili, ma anche nella molteplicità di distinti e differenti ego psichici. Se esiste, sul piano ideale, una scienza pura della natura, deve esistere (sempre idealmente) anche una psicologia pura. Questa premessa ci permette d’introdurre la classificazione dei vissuti, teorizzata da Husserl – ricordiamo che nella semantica husserliana il termine “vissuto” indica l’io psichico -.
L’oggetto intenzionale dell’esperienza – ovvero ciò a cui la nostra mente percettiva è intenzionalmente rivolta – è la datità fisica (caratterizzata dal rapporto trascendenza/immanenza): l’io empirico, l’io psichico, gli alter ego, gli oggetti sensibili, i percetti e via discorrendo. E, come abbiamo visto, tale coscienza percettiva si “muove” all’interno di precise coordinate spazio-temporali, che strutturano anche l’ambiente circostante di riferimento. Secondo Husserl, i vissuti, oltre che dipendenti in toto dal corpo vivo, sono disposti in ciascun io secondo una precisa classificazione:
- “sensibili”: sono le percezioni degli oggetti sensibili. Sono percepite dal corpo vivo di ogni percipiente. Si manifestano, ad esempio, sotto forma di sensazioni cromatiche o sonore e via discorrendo;
- “psichici”: ovvero i sentimenti. Anch’essi sono in perenne rapporto col corpo vivo di ciascun individuo;
- “percettivi”: essi sono rappresentati dalla molteplicità degli oggetti sensibili che costituiscono, in quello spazio ed in quel momento, l’ambiente circostante – datità fisica e datità psichica -.
Ovviamente – ribadendo un concetto già più volte esposto -, ciascun io percepisce i vissuti in modo differente dall’altro. Ad ogni modo, la molteplicità dei vissuti mantiene col corpo vivo del percipiente un rapporto “fenomenico” – a causa dell’intenzionalità che guida le nostre esperienze percettive –: «… ogni legame col corpo vivo è qualcosa che si lascia manifestamente separare dal corpo vivo.» Tutto questo ci permette, finalmente, di addentrarci nel nocciolo di tutta la filosofia husserliana: la “riduzione fenomenologica”.
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