CENNI DI MORALE TEORETICA: LINGUAGGIO.


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Con il termine “Metaetica” si suole indicare la cosiddetta Filosofia Linguistica, una corrente di pensiero stando alla quale la difficoltà della comprensione di un particolare concetto non risiede tanto nella complessità dell’argomentazione stessa quanto, piuttosto, nell’impossibilità per gli interlocutori di poter usufruire di una reciproca e piena comprensione terminologica. Il problema, dunque, risiede all’interno del rapporto dialogico. Anzi, trattandosi di una impasse linguistica, finisce con l’inficiarne proprio la struttura.

È alquanto immediato comprendere come il linguaggio ordinario si vada costituendo di termini prettamente concernenti il tema della moralità. Aggettivi come “giusto”, “buono”, “sbagliato” e via discorrendo, veicolano – intenzionalmente o meno – la finalità del discorso (anche) verso un giudizio di tipo morale. L’assenza di suddetti termini, molto spesso, viene soppesata da un particolare e ben preciso modus espositivo: basti pensare, ad esempio, ad una interiezione o ad una esclamazione del tipo “Comportati bene!”. Si parla, infatti, di “multifunzionalità” del linguaggio morale.

La differenziazione terminologica basilare è quella tra “termini assiologici” – ovvero fondati sulla distinzione tra “buono” e “cattivo” – e “termini deontici” – ovvero basati sulla distinzione tra “giusto” e “sbagliato” -.

I termini assiologici sono finalizzati ad esprimere una vera e propria valutazione. Sia essa di gradimento che di diniego. La valutazione è diffusa indipendentemente dal fatto che l’altro interlocutore conosca – o desideri conoscere – l’oggetto dell’argomentare stesso. Ad esempio, una frase del tipo “Ho comprato un nuovo scaldabagno modello XYZ e vedessi che meraviglia di prodotto!!!”, evidenzia apprezzamento, anche qualora il soggetto a cui mi rivolgo non conosca quell’oggetto e/o non sia minimamente interessato a questo genere di conversazione. L’aspetto valutativo non preclude od oblitera quello descrittivo. Anzi. Si potrebbe verificare anche il caso in cui il mio interlocutore – o perché incuriosito o perché intenzionato a comprare anch’egli uno scaldabagno nuovo – finisca con il chiedermi informazioni e delucidazioni più approfondite ed analitiche sull’oggetto.

Il ragionamento può essere invertito per quanto concerne i termini deontici. In questo caso, infatti, il discorso morale è finalizzato alla descrizione di un comando, di un divieto et similia. Un’espressione del tipo “Non calpestare l’erba!” implica come, prima di tutto, sia doveroso guardarsi dal rispettare quanto appena enunciato; pareri e/o valutazioni possono essere formulate solo in seguito ed assumere la fisionomia di mere vesti accessorie nei riguardi di quanto espresso.

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