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La riflessione su Dio si articola attorno a due profonde dinamiche concettuali: “Provvidenza” e “Fato”. La prima è ciò che rende possibile, per Volontà dell’Altissimo, l’esistenza di qualsivoglia entità. La seconda, invece, è ciò che permette, in accordo con la Provvidenza, la “disposizione ordinata del Creato”. La Provvidenza, quindi, «abbraccia parimenti tutte le cose, sebbene diverse, sebbene infinite», mentre il Fato «le distribuisce nel moto, nel luogo, nella forma e nel tempo a loro destinati». Ecco perché l’ordine di tutte le cose dinanzi alla mente di Dio è Provvidenza, mentre dinanzi alla successione temporale è Fato.
Sono due realtà profondamente legate tra loro: non vi può essere disposizione secondo forma e/o luogo e/o moto et similia di un ente senza che la Provvidenza di Dio ne abbia prima predisposto l’esistenza; allo stesso tempo, nell’attimo in cui Dio predispone la creazione di un qualcosa, già nella sua mente Egli si adopera per l’attuazione e la disposizione della medesima.
Il Fato è lo sviluppo e l’ordine temporale di tutto ciò che viene abbracciato e disposto dalla Provvidenza – motivo per cui Esso soggiace sempre, secondo Boezio, a quanto di divino si trova nella mente di Dio -, sebbene possa venire “esercitato” «da certi spiriti divini funzionanti da ministri, o dalla propensione degli animi (determinismo), o dalla forza animatrice di tutta la natura (evoluzione), o dal moto degli astri o, finalmente, per virtù angelica, o per arte diabolica».
Secondo Boezio la Provvidenza è da considerarsi il Centro stesso dell’Esistenza. Tutto ciò, quindi, che si muove nei pressi della mente di Dio altro non ottiene che un ulteriore avvicinamento all’Altissimo. Essendo Dio – in termini di essenza – Bene, tutto ciò che da Egli segue è pura manifestazione di bontà e misericordia. Diviene, quindi, necessario “muoversi nei pressi di questo centro” e non allontanarsi da esso, evitando così di rischiare di divenire “succubi” degli «intrighi del Fato”:
Come i circoli paralleli volgentisi intorno a un asse, quello che è più interno a’avvicina più al punto medio del centro, e apparisce esso stesso come centro intorno a cui tutti gli altri girano, mentre quello che è più esterno gira in maggiore circonferenza, e quanto è più lontano dal punto indivisibile, tanto in più ampi spazi si svolge […], per simile ragione gli esseri che più si discostano dalla prima mente sono ravvolti in maggiori intrighi del Fato, e quanto più da questo gli enti si svincolano, tanto più corrono vicini al centro delle cose […].
La riflessione – profondamente intrisa di platonismo – consente al filosofo di ribadire come ogni cosa derivi dal Bene e “debba tendere” al Bene:
Tenetevi nel punto medio con tutto il vostro potere, affinché la tristezza non vi opprima, né vi corrompa la gioia; tutto quel che sta sotto o sopra a quel punto non è compatibile con la felicità, e non dà il premio dovuto alla fatica. In vostra mano è dunque riposto il soggiogar la fortuna, e sta in voi il formarvela a vostro grado; ricordatevi poi che quella che vi sembra aspra, o esercita, o corregge, o punisce.
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