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Prendiamo adesso in considerazione la risposta che Socrate rivolge all’osservazione di Simmia. Come abbiamo già sostenuto, quest’ultimo non accetta il fatto che l’anima assomigli alle idee e che sia divina rispetto al corpo. Nel precedente articolo, abbiamo già avuto modo di evidenziare alcuni aspetti deboli della replica di Simmia, anticipando anche come Socrate non faccia poi particolare fatica a controreplicarla a sua volta. Analizziamo, dunque, la risposta del maestro.
Prima di tutto, Socrate si espone nuovamente a favore della funzione di guida dell’anima. Una funzione assegnatale a causa del suo essere simile alle idee. Il filosofo, infatti, ribadisce la propria assoluta convinzione circa tale ruolo da ascrivere alla suddetta, data l’incapacità del corpo a fare altrettanto. Del resto, sostiene Socrate, quando un uomo ha fame o sete, il corpo non può da solo soddisfare questi suoi bisogni… spetta all’anima – e, quindi, all’io raziocinante – soddisfare simili volontà. Quindi, è innegabile che sia l’anima a guidare il corpo e l’unione stessa che la lega a quest’ultimo.
La seconda replica di Socrate verte, invece, sull’impossibilità di paragonare l’anima all’armonia musicale che è stata presentata da Simmia. Si tratta di un’argomentazione fondata su tutta una serie di sillogismi e che si conclude con la comprensione di quanto possa essere effettivamente paradossale accettare la riflessione formulata dallo stesso Simmia. Procediamo con ordine.
Un qualcosa per potersi definire “armonia” deve essere più o meno armonizzato, sostiene Socrate. Se l’anima è armonia, allora dobbiamo ritenere che anche l’anima debba essere “più o meno anima”. Potremmo affermare che l’anima degli uomini virtuosi sia armonizzata, mentre quella degli uomini propensi al vizio sia priva di tale armonia. In ogni caso, se per essere armonia, una particolarità deve essere più o meno armonizzata, significa che sia necessario raggiungere un equilibrio tra l’essere “più armonia” e “meno armonia”. Quindi, è altrettanto necessario che l’anima, dato il suo dover essere “più o meno anima”, partecipi tanto alla virtù che al vizio. Ma, se l’anima è armonia, allora dobbiamo prendere in considerazione soltanto le anime degli uomini virtuosi. Ma non esistono soltanto uomini virtuosi al Mondo. Quindi, l’anima non può essere paragonata all’armonia.
Conclusa la risposta a Simmia, Socrate si rivolge a Cebete. Prende vita un’ampia fase discorsiva, durante la quale Socrate non lascia più la parola e, sfruttando il principio di causalità, giunge infine a teorizzare la eterna indistruttibilità dell’anima.
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