Giungere e cogliere lo Zen significa afferrare un nuovo punto di vista sulla realtà. Lo abbiamo già sostenuto. Trattasi di una lettura e di una visione del Mondo non più dualistica, ovvero fondata sulla contiguità o dicotomia tra “vero/falso” o ” giusto/sbagliato”, e via discorrendo. Siamo oltre la logica o, per essere più precisi, oltre ogni interpretazione di tipo logico/razionale della Vita. Attenzione! Questo andare oltre non si giustifica sulla base della consapevolezza della molteplicità dei punti di vista e – conseguentemente – delle verità prospettiche. È estremamente importante cogliere questa sottigliezza! Una pietra, ad esempio, può apparire in modo differente a due osservatori ma tale distanza non è legittimata da una lettura fenomenologica del Mondo quanto, piuttosto, dalla possibilità che in uno dei due o in entrambi possa risiedere – per l’appunto! – lo Zen. Pensiamo ad un gesto semplice, quotidiano e “umile” come il sorseggiare una tazza di tè… perché dovremmo essere tanto restii nel credere che colui, che lo sta bevendo dinanzi a noi, stia (anche) contemplando l’essenza dell’Assoluto, nel mentre in cui va avvicinando la tazza alle proprie labbra?
Questo punto di vista nuovo ed alternativo, questo “acquistare” ed “afferrare” lo Zen si chiama satori. Non esiste Zen senza satori perché esso stesso altro non è che lo “schiudersi dello Zen“. Per giungere al satori è necessario porsi in contrasto con ogni forma di apprendimento intellettuale, razionale e logico. Travalicare, quindi, la comprensione confusa del Mondo… una tipologia di agnizione tipica di una mente dualistica. Il satori è “irriducibile” a qualsivoglia forma di spiegazione intellettuale. Questo significa che esso non può venire spiegato. Né, tanto meno, insegnato. Il maestro può condurre il discepolo verso la Via, palesandogli la propria esperienza ed invitandolo all’arte della meditazione e alla contemplazione dei koan. Ma il “risveglio” è personale, spirituale ed introspettivo. L’Illuminazione, dunque, può avvenire in qualsiasi luogo ed in qualsiasi modo. Perché una volta che la mente viene liberata da ogni interpretazione logica della Vita, anche il suono più comune o il gesto più semplice può permettere, a chi ascolta o osserva, di cogliere la magnificenza dell’essenza dell’Assoluto. L’Assoluto che ci circonda e che si manifesta nel relativo che viviamo. Ecco, quindi, un altro passaggio fondamentale da comprendere: tutte le cause del satori risiedono nella nostra mente! Attendono solo di schiudersi ma, affinché ciò avvenga, è necessario che l’involucro stesso ceda il passo all’acquisto di questa nuova e meravigliosa visione sul Mondo!
Occorre un’altra precisazione, giunti a questo punto della riflessione. Abbiamo parlato di meditazione, ma attenzione! Sicuramente meditare e concentrarsi possono essere utili per rivolgere lo sguardo alla Via che conduce all’Illuminazione. Ma non dobbiamo concepire il satori come il fine o – peggio ancora! – l’oggetto stesso del nostro meditare. La meditazione implica un orientarsi verso un qualcosa. Lo Zen, invece, è uno schiudersi ed un afferrare un nuovo punto di vista sul Mondo. Che la meditazione, dunque, sia di aiuto a liberare e svuotare la mente, così da permettere alla stessa di cogliere l’essenza vera ed assoluta di qualsivoglia manifestazione vada esperendosi dinanzi a noi. Questo accorgimento ci obbliga, d’altro canto, a ribadire quanto sostenuto poc’anzi: il satori non può giungere se noi stessi non ci indirizziamo verso la Via che ad Esso ci conduce. Ecco perché tanto la meditazione quanto i koan sono strumenti congeniali per far sì che la mente si predisponga all’accoglimento della rivelazione dello Zen.
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