“SHARINGS” E “LIKES”: LA NUOVA FRONTIERA DELLA (NON) CULTURA.


Science Post – noto sito satirico americano – lo scorso Giugno ha effettuato in Rete quello che è sembrato essere fin da subito – o per essere più precisi, “quello che avrebbe dovuto sembrare” – un vero e proprio esperimento empirico. Ha postato pubblicamente un topic, il cui titolo era il seguente «Il 70% degli utenti di Facebook legge solo il titolo di quello che condivide», col fine di comprendere quanti users, prima di “likare” un post e/o di condividerlo, si prendessero (almeno) la briga ed il disturbo di leggerne il contenuto. Risultato? Allora l’articolo ha ottenuto più di ben 46mila condivisioni; l’aspetto ironico (e preoccupante, al tempo stesso) di tutta la situazione – montata ed orchestrata con sottile regia – risiede nel fatto che l’articolo medesimo altro non fosse che un semplice lorem ipsum – ovvero un semplice thread di testo “segnaposto” che, generalmente, viene utilizzato da grafici, programmatori e via discorrendo, a fine meramente “riempitivo” per bozze, grafici, note, ecc. Un testo privo, quindi, di alcun significato e che assume, per lo più, le vesti funzionali di un normale e personale note virtuale -.

Sulla scia di quanto registrato da Science Post, la Columbia University – coadiuvata dal French National Institute e dal Chicago Tribune – ha sviluppato un’indagine campionaria, di natura, soprattutto, sociologica e comunicativa, col fine di valorizzare se effettivamente vi fosse all’interno del Web 2.0 un modo di porsi così “irresponsabile” nei riguardi di tutto ciò che abitualmente viene pubblicato attraverso i Social Network Sites. I risultati – diffusi proprio dalla testata giornalistica di cui sopra – sono stati profondamente preoccupanti (almeno da un punto di vista meramente culturale): il 60% circa dei links, oggetto di sharings nei principali social forums, risulta non essere mai stato “cliccato”. Praticamente, circa 6 utenti su 10 non leggono gli articoli che condividono attraverso (soprattutto) FacebookTwitter. Stando proprio a quanto riportato nell’articolo del Chigago Tribune, questa ricerca quasi ossessiva ad ottenere il maggior numero di likes e di sharings, da una parte, e le conseguenze (nefaste) dell’auto-comunicazione di massa, dall’altra parte, hanno portato a creare «una cultura online che impedisce ogni discussione approfondita su argomenti complessi e controversi». Il tutto rafforzando una mia opinione personale – ormai datata -, secondo la quale il Web 2.0, di per sé, non viene (quasi mai o, comunque, aprioristicamente) percepito come vettore dedito e finalizzato all’acculturazione, a meno che una tale predisposizione non sia già insita nell’user di turno. Stiamo assistendo a quello che personalmente vado chiamando da tempo “radicalizzazione del cittadino a bassa razionalità”.

Come se tutto questo non fosse già particolarmente grave e preoccupante – inteso proprio come campanello d’allarme sia per le generazioni attuali che per quelle future -, la struttura stessa dei social networks attuali – etichettata con la dicitura friend driven – evidenzia un’altra gravissima lacuna culturale in seno all’informazione virtuale. La ricerca ha, difatti, evidenziato come la maggior parte dei likes e degli sharings avvenga in genere nei confronti di articoli condivisi già in precedenza dalle varie “utenze amiche”. In poche parole: gli users hanno la tendenza, sempre più consistente, a leggere le informazioni più nei vari diari dei propri “amici virtuali” piuttosto che appellarsi de facto alla fonte della notizia medesima. Da qui la diffusione di fakes e la mancata volontà, squisitamente intellettiva, di verificare sempre e comunque la veridicità di quanto “likato” e condiviso – ed, ovviamente, “non letto” -.

Se questo è il panorama culturale nel quale si origina e sviluppa l’opinione pubblica mediatica ed il background culturale – anche di natura politica, legato cioè alle nozioni inerenti l’attualità della nostra res publica – di cui essa va costituendosi, qualche riflessione ritengo che meriti venga formulata il più presto possibile. Con grande, grandissima cognizione di causa.

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