IDEE E RELAZIONI.


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Ci sono ancora tre argomentazioni che mi preme trattare in seno alle associazioni abituali delle idee berkelyane. Il primo verte sul concetto di “movimento” che, stando alle teorizzazioni del filosofo inglese, è solo e soltanto di natura relativa.

Secondo Berkeley esiste solo il movimento relativo, il quale, per venire definito, necessita inevitabilmente di:

  1. due corpi;
  2. una distanza esistente tra gli stessi o la modificazione della posizione reciproca dei medesimi.

Nonostante sia necessario il concepire una relazione tra (almeno) due corpi, è possibile che soltanto uno di essi si muova – quello cioè a cui viene applicata l’azione stessa del movimento -. L’esempio portato avanti da Berkeley è quello delle pietre: se, camminando, dovessi modificare la mia posizione rispetto a delle pietre sparse al suolo, potrei concepire le stesse in movimento, dato che si allontanano o avvicinano ai miei piedi? Ovviamente no. Quindi il movimento assoluto (astratto e generale) non esiste. Esiste solo il movimento relativo – percepibile sempre tramite i sensi, ovviamente -. Questo veicola l’empirista a dare una chiara definizione di “spazio”: l’idea del movimento non implica quello di uno spazio assoluto, che sia «distinto da ciò che è percepito dal senso e in relazione ai corpi.» Ma non solo. Secondo Berkeley è impossibile anche il solo formulare un’idea di «puro spazio». Quando il corpo si muove libero allora si muove all’interno di uno “spazio privo di resistenze”. Quando al contrario il movimento viene rallentato o ostacolato allora si muove all’interno di “uno spazio costituito di corpi”. Ma, in entrambi i casi, l’idea di movimento e l’idea di spazio mantengono dei legami associativi. La “gradazione della purezza” dello spazio dipende, quindi, dal livello di resistenza opposta al movimento.  Uno spazio puro (astratto e generale), cioè svincolato dai legami associativi delle idee, è, dunque, intellegibile.

Il secondo argomento verte sull’intersoggettività, ovvero sulla “conoscenza delle altre menti (o spiriti)”. Berkeley sostiene che la percezione degli alter ego non sia immediata come la percezione delle idee. Le idee sono nella mente di ciascun percipiente, dopotutto. Al contrario. La comprensione degli “altri” avviene tramite l’intervento delle idee, manifestate, sotto forma di segni concomitanti, dagli alter ego stessi. In poche parole: la comprensione dell’esistenza degli altri individui è resa possibile dalla individuazione delle loro attività e dalle idee che le stesse suscitano in noi: lo stesso percepire dei diversi movimenti, ad esempio, aiuta a comprendere le attività di quei corpi estranei; questi segni suscitano la consapevolezza dell’esistenza altrui. Quindi, ancora una volta, è la percezione sensibile a filtrare l’idealismo berkelyano.

Infine qualcosa anche sull’anima dell’uomo. Berkeley afferma che l’ignoranza, circa la mancata consapevolezza dell’esistenza degli spiriti, dipenda dal fatto che, in seno alla loro natura, nessun uomo disponga di un’idea precisa. Ma si tratta di una idiosincrasia concettuale. Il fatto che nessuno possieda la percezione dell’idea dello spirito – di modo da rendere la stessa reale (esse est percipi) – non si deve tradurre in un difetto dell’intelletto umano: non esiste, infatti, nessun’altra idea che possa “fare da segno” a quella dello spirito. Dunque lo spirito non è un’idea – come abbiamo già potuto constatare –. Mentre i corpi, in quanto oggetti sensibili, sottostanno al “corso della Natura”, l’anima umana, secondo Berkeley, è «indivisibile, incorporea, inestesa, e che di conseguenza è incorruttibile.» Quindi anche le anime degli uomini non possono essere intese (recepite) nella stessa maniera degli oggetti sensibili (secondo i legami associativi delle idee):

Spiriti e idee sono cose così totalmente differenti che, quando diciamo esistono o sono conosciuti, o simili, queste parole non devono essere pensate significare niente di comune a entrambi i generi. Non c’è niente di simile e comune fra loro; e aspettarsi, attraverso una moltiplicazione o un allargamento delle nostre facoltà, di poter essere capaci di conoscere uno spirito come facciamo per un triangolo, sembra assurdo come sperare di vedere un suono.

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