IDEA PER UNA STORIA UNIVERSALE: PARTE SECONDA.


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Riprendiamo da dove avevamo lasciato e concludiamo la riflessione in questione, esponendo le restanti quattro tesi kantiane:

  • SESTA TESI – «Questo problema è insieme il più difficile e quello che verrà risolto più tardi dal genere umano.»: l’uomo, secondo Kant, desidera vedere salvaguardata la propria libertà ma, essendo anche mosso da impulsi ed istinti egoistici, non evita di ledere quella altrui per conseguire ulteriori vantaggi personali. Non potendo contemplare la figura di un leviatano hobbesiano – data la trascendentalità del diritto pubblico -, il filosofo tedesco si interroga circa la possibilità di fare affidamento ad un “garante istituzionale” – un “padrone” – che riesca a tutelare le libertà di tutti; dinamica non semplice – per ammissione dello stesso Kant -, data la necessarietà che anche lo stesso non sia viziato da egoismo e/o da interessi individualistici. La conclusione, cui perviene il filosofo, si limita a definire la fisionomia – forse utopica – di cui deve costituirsi tale figura: «[…] a tal fine vengono richiesti giusti concetti circa la natura di una possibile costituzione, grande esperienza ottenuta attraverso molti corsi del mondo e, oltre a tutto ciò, una buona volontà preparata al suo accoglimento; ma questi tre elementi potranno trovarsi uniti molto difficilmente e, quando ciò accada, solo molto tardi, dopo molti tentativi falliti.»;
  • SETTIMA TESI – «Il problema della instaurazione di una costituzione civile perfetta dipende dal problema di un rapporto esterno fra Stati secondo leggi e non può essere risolto senza quest’ultimo.»: si tratta dell’evoluzione – in una chiave di lettura sovra-nazionale – della quarta tesi. La “insocievole socievolezza” può essere intesa anche a livello prettamente “statale” – focalizzando cioè l’attenzione sul concetto di “popolo” e non più di singolo cittadino -, permettendoci cioè di interpretare l’antagonismo in riferimento ai rapporti internazionali. Esattamente come avviene all’interno dei singoli contesti sociali, anche in questa dimensione è la Natura che pone delle ben definite disposizioni per il perseguimento di un preciso fine: il far comprendere la gravità della guerra, della miseria, ecc., di modo da spronare così le istituzioni a formare accordi di pace e di reciproca collaborazione. Kant parla di «federazione di popoli» (Foedus Amphictyonum). Appare particolarmente interessante la riflessione formulata in riferimento al selvaggio rousseauiano:

Prima che questo passo (cioè l’unione degli Stati) sia compiuto, e cioè quasi solo a metà della sua formazione, la natura umana sopporta i mali più duri sotto l’apparenza ingannatrice di un benessere esteriore; e Rousseau non aveva dunque torto a preferire lo stato dei selvaggi, se solo non si considera quest’ultimo stadio a cui il nostro genere deve ancora sollevarsi. Noi siamo, per mezzo di arte e scienza, acculturati in alto grado. Siamo civilizzati, sino all’eccesso, in ogni forma di cortesia e decoro sociale. Ma per ritenerci moralizzati ci manca ancora molto. Infatti l’idea della moralità appartiene anch’essa alla cultura […]. Sinché però gli Stati impiegano tutte le forze nelle loro egoistiche e violente mire espansive, e ostacolano così, incessantemente, la lenta fatica dell’interna educazione dell’atteggiamento di pensiero dei loro cittadini, e anzi tolgono a quest’ultimi ogni sostegno a tal fine, non c’è da attendersi nulla di questo; perché per ciò è necessario un lungo esercizio interno di ogni corpo comune nell’educazione dei suoi cittadini. […] Il genere umano rimarrà certo in questa condizione sino a che, nel modo che ho detto, non si sarà tratto fuori dall’assetto caotico dei suoi rapporti fra Stati.

  • OTTAVA TESI – «Si può considerare la storia del genere umano, in grande, come il compimento di un piano nascosto della natura volto ad instaurare una perfetta costituzione statale interna e, a questo fine, anche esterna, in quanto unica condizione nella quale la natura possa completamente sviluppare nell’umanità tutte le sue disposizioni.»: come afferma lo stesso Kant: «Si tratta solo di vedere se l’esperienza riveli qualcosa di un tale andamento del disegno della natura. Io dico: qualche piccola cosa […].» Lo sviluppo della libertà civile assume le vesti di un moto lento ma inarrestabile; limitare la stessa significa, afferma il filosofo, indebolire lo Stato sia da un punto di vista economico e politico sia in riferimento ai rapporti internazionali. Tale consapevolezza, sottolinea Kant, porterà inevitabilmente gli Stati stessi a promuovere sempre più forme “genuine” di libertà – come quella religiosa, ad esempio -, tali da permettere a ciascuno di esercitare il proprio diritto – nel rispetto di leggi illuminate (e progressiste) – e di evitare di ledere gli interessi altrui:

Sebbene questo corpo statale consista ora solo di un abbozzo molto primitivo, tuttavia comincia già per così dire a destarsi un sentimento in tutte le sue membra,, ognuna delle quali è interessata alla conservazione dell’intero; e questo dà la speranza che, dopo più rivoluzioni nella trasformazione, infine, possa un giorno essere realizzato ciò che la natura ha per scopo supremo, cioè un universale assetto cosmopolitico […].

  • NONA TESI – «Un tentativo filosofico di elaborare la storia universale del mondo secondo un piano della natura che tenda alla perfetta unificazione civile nel genere umano deve essere considerato possibile e anzi tale da promuovere questo scopo naturale.»: la tesi finale serve, più che altro, a Kant per giustificare l’intento (quasi pedagogico) dell’elaborazione del testo medesimo:

[…] deve tuttavia condurre chiunque, in modo naturale, a chiedersi come i nostri tardi discendenti inizieranno a raccogliere il fardello di storia che noi vorremmo lasciare loro dopo qualche secolo. Senza dubbio essi valuteranno le ere più antiche, i cui documenti dovranno essere per loro da tempo scomparsi, solo dal punto di vista di ciò che li interessa, vale a dire per ciò che popoli e governi hanno fatto di buono o di cattivo da un punto di vista cosmopolitico.

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3 pensieri su “IDEA PER UNA STORIA UNIVERSALE: PARTE SECONDA.

  1. Dall’antagonismo del singolo (che spinge a migliorarsi),alla guerra tra Stati che, gravando sui loro bilanci e influenzando anche gli Stati non coinvolti,appare sempre piu’ un male da evitare costruendo una confederazione tra popoli,in cui risolvere pacificamente le contese.
    Signori,parliamo del 1784!!Possiamo pensare che l’idea del cosmopolitismo (nata coi Sofisti nell’antica grecia ed esaltata dalla Rivoluzione Francese qualche anno piu’
    tardi) venga,qui, respirata prepotentemente e porti Kant a pensare a quell’ Unione Europea che ,ancora oggi, rimane solo un sogno e un pensiero per pochi???A quella idea di tolleranza e apertura alla diversita’ che,alla luce di quanto accade quotidianamente nei nostri mari, continua a sembrarci una chimera??
    BMR

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    • Il cosmopolitismo lo farei risalire anche a molto prima. Almeno a Democrito. Sulla modernità della visione del diritto internazionale di Kant credo vi sia poco da dire. La stessa concezione del “diritto di visita”, inteso come libera condivisione della superficie della Terra, è un indicatore più che palese della volontà kantiana di dar vita a realtà sovranazionali. Concordo sul ritenere Kant attuale, moderno e “terapeutico”, vista la deriva culturale dei nostri giorni.

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      • Sicuramente Democrito riteneva che il mondo fosse una grande citta’. Probabilmente, i Sofisti hanno voluto entrare, in modo cosi’ esclusivo, nel mio discorso per l’animosita’ con cui si sono battuti contro le differenziazioni tra gli uomini;per il modo in cui,a voce alta,hanno sostenuto la comune appartenenza degli uomini ad una stessa natura,”a una stessa stirpe”(Antifonte),all’umanita’.

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