SOGNO O REALTÀ?


Articolo correlato: SCHÜTZ: APPROCCIO ALLA FENOMENOLOGIA.

Articolo correlato: SCHÜTZ E LO STILE COGNITIVO.

Articolo correlato: COMUNICAZIONE ED AZIONE SOCIALE.

Articolo correlato: FRAMES O PROVINCE FINITE DI SIGNIFICATO?

Come passare, invece, dal “senso d’identità” a quello della realtà?

Uno degli assiomi epistemologici di Schütz trova la propria (incrollabile) certezza nel ritenere necessari gli alter ego per definire come certe e reali talune particolari situazioni. Al fine di esporre meglio l’argomentazione, il sociologo austriaco contrappone tra di loro due «province finite di significato»: la quotidianità – che abbiamo già avuto modo di cogliere in più circostanze, all’interno della sociologia fenomenologica schütziana – ed il sogno. Sviluppiamo la nostra riflessione partendo da una domanda alquanto semplice (e banale): “Come è possibile distinguere il Mondo dei sogni da quello della realtà?”.

Schütz parla di «resistenza». Il concetto non è particolarmente complesso da comprendere. In sintesi: tutti gli oggetti “esterni” al percipiente producono una “resistenza” alla libertà di azione dello stesso: tale coercizione è funzionale per la comprensione dell’ambiente circostante – in pratica, sono i medesimi a permetterci di capire dove ci troviamo -. Un esempio banale può essere quello del cuscino: il solo sentirlo sotto la nostra testa ci consente di comprendere che ci troviamo distesi sopra ad un letto. Ma se siffatta “resistenza” risultasse essere mancante?

Qualora fosse impossibile discernere la sopracitata coercizione esercitata dalle oggettualità sensibili, diventerebbe assolutamente fondamentale, per Schütz, la presenza degli alter ego – come anticipato ad inizio articolo, per l’appunto -. Si rende necessario raggiungere un certo tipo di “accordo” con gli altri individui per poter comprendere cosa sia reale e cosa, invece, non lo sia. Si tratta, in poche parole, di tentare di ottenere una determinata conferma da parte degli altri percipienti – una specie di “convergenza di giudizio” -. Ma una dinamica di questo tipo spalanca le porte ad un altro interrogativo: “Come si può ritenere apodittica ed inoppugnabile la posizione assunta dalla collettività nei riguardi di quella particolare situazione?”. Procediamo a piccoli passi.

Abbiamo già visto come soltanto una piccola parte della conoscenza sia (effettivamente) privata e personale, secondo Schütz; tutto è filtrato dalle socializzazioni e dai rapporti interrelazionali. Non a caso il sociologo parla di «conoscenza socialmente derivata». Ma nei riguardi della stessa, Schütz sottolinea come non sia possibile evidenziarne una apriorica attendibilità: la conoscenza della quotidianità – nonostante la realtà oggettiva possa apparire agli occhi dei percipienti come tale – non è certa ma, bensì, probabile, ovvero costituita da una moltitudine di elementi che consentono, per lo più, il mero orientamento all’interno di essa. La necessarietà del giudizio altrui, per giungere a definire il reale, non è altro, dunque, che l’essenza di una idealizzazione che abbiamo già avuto modo di affrontare: la “tesi della reciprocità delle prospettive”. Quando Schütz conia l’espressione «pensare come al solito», non sta facendo altro che raggruppare – “intersoggettivamente” – degli individui che condividono tra di loro i valori fondanti un proprio universo simbolico di appartenenza e riferimento.

Ricordati di votare l’articolo, se vuoi, utilizzando il tasto rate this all’inizio del post.

Commenta

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...