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Già nelle pagine del Discorso si può intuire la posizione assunta da Rousseau ne riguardi del gentil sesso. Uno degli aspetti “più virtuosi” del selvaggio, del resto, è il presentarsi come “disperso”, ovvero libero da qualsivoglia legame di tipo (prettamente) spaziale (sedentario). Lo stesso amore, come abbiamo già avuto modo di constatare, viene valorizzato solo sul piano meramente dell’atto fisico e non in riferimento alla possibilità che da esso stesso possano poi venire poste in essere le fondamenta per una convivenza familiare/domestica – obiettivo, in special modo, delle donne -. In ambito pedagogico, rappresentando l’Emilio la necessarietà della rieducazione corretta delle nuove generazioni di futuri cittadini, è inevitabile che Rousseau debba nuovamente fare i conti con l’equilibrio di potere tra uomo e donna, ovvero tra marito e moglie. Non nego come sia possibile scorgere spunti particolarmente maschilisti – per non dire misogini – ma ciò che è opportuno ricordare è tutto l’impianto filosofico su cui si fondano le argomentazioni rousseauiane, partendo dalla morale naturale per arrivare al processo di formazione del fanciullo.
Innanzitutto, il libertino parla di “potere attivo” e di “potere passivo”:
Nell’unione dei sessi ciascuno concorre egualmente all’oggetto comune, ma non nella stessa maniera. […] L’uno deve essere attivo e forte, l’altro passivo e debole: necessariamente occorre che uno voglia e possa, l’altro basta che resista poco.
E non si tratta solo di affermare che la donna – quasi fosse così per sua stessa natura – debba solo preoccuparsi dei figli; Rousseau sostiene come non potrà mai possedere un “temperamento” forte e bellicoso al pari di quello degli uomini. Tant’è che:
segue che la donna è fatta specialmente per piacere all’uomo. Se l’uomo deve piacerle a sua volta, si tratta di una necessità meno diretta; questi piace per il solo fatto che è forte. Non è questa la legge dell’amore, ne convengo; ma è quella della natura, anteriore all’amore stesso.
Si ribadisce, quindi, il fatto di come la morale naturale sia apriorica a qualsivoglia forma di artificiosità (amore compreso). Non si tratta, dunque, di una considerazione volutamente maschilista, quanto, piuttosto, affine all’impianto filosofico di sostegno di tutte le riflessioni portate avanti sino ad ora. L’equilibrio di poteri viene ulteriormente ribadito poco più avanti:
Se la donna è fatta per piacere e per essere soggiogata, ella deve rendersi gradevole all’uomo anziché provocarlo: la sua forza è nelle sue grazie; è per loro mezzo che ella deve costringere l’uomo a trovare e ad usare la forza che a lui è propria.
Il posto naturale della donna si trova tra le mura domestiche – motivo che, infatti, come detto ad inizio articolo, porta Rousseau a porsi in una determinata maniera nei riguardi del gentil sesso durante la trattazione del selvaggio -. La sua principale occupazione è la cura dei figli. Per questo una madre deve prestare estrema attenzione alla sua salute fisica, anche a scapito di quella della mente – non si tratta di affermare come ella stessa debba vivere nell’ignoranza quanto, semmai, il sottolineare come non debba aspirare alla stessa educazione dell’uomo. Anche questo, in effetti, è un passaggio che può far storcere il naso al giorno d’oggi, soprattutto se decontestualizzato dal pensiero rousseauiano -. Proprio in seno a questo punto, è interessante vedere anche come la donna sia chiamata a porsi nei riguardi del credo:
Per il fatto stesso che la condotta della donna è assoggettata all’opinione pubblica, la sua credenza è assoggettata all’autorità. Ogni fanciulla deve avere la religione di sua madre, e ogni donna maritata quella di suo marito
Anche in questo caso, si tratta di dover comprendere il peso delle affermazioni in riferimento a quel contesto di legge naturale e di conseguente equilibrio di poteri di cui abbiamo già parlato poc’anzi.
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